Il mistero del Codice maledetto: nuovi studi sulla “Bibbia del Diavolo”

Il mistero del Codice maledetto: nuovi studi sulla “Bibbia del Diavolo”
di Riccardo De Palo
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Martedì 22 Agosto 2017, 00:53 - Ultimo aggiornamento: 30 Agosto, 20:32
Prima che arrivasse il signor Gutenberg, e la sua nuova “galassia” fatta di rivoluzionari caratteri mobili, la produzione di un libro era la ragione di una vita. Non di rado la fabbricazione dei codici richiedeva molti anni, ed era il compito di numerosi monaci riuniti in uno Scriptorium; gli strumenti erano calamo e penna di volatile, mentre i fogli venivano ricavati dalla pergamena, almeno in epoca altomedievale, e quindi dalla pelle animale (soprattutto di capra). C’erano novizi dedicati soltanto alla rigatura, un trattamento che permetteva di procedere alla stesura di un testo ben impaginato. Produrre un libro era come creare un’opera d’arte. «Un sogno è una scrittura, e molte scritture non sono altro che sogni», scriveva Umberto Eco ne Il nome della rosa, ambientato in un convento nell’anno 1327.

Alcuni di questi codici sono diventati leggendari, e i misteri sul loro conto non sono mai stati svelati. Ma qualcosa si comincia, oggi, a capire. Il manoscritto Voynich (che prende il nome dal suo primo possessore conosciuto, un antiquario polacco che lo acquistò dall’archivio della villa Mondragone di Frascati) è scritto in una lingua che nessuno è mai riuscito a decifrare; alcuni pensavano che si trattasse di un falso, ma la datazione al carbonio-14 ha dimostrato che la pergamena di vitello risale a un periodo di tempo compreso tra il 1404 e il 1438. Vi figurano bizzarri disegni, dal sapore ermetico: erbari, diagrammi cosmologici, ampolle da alchimista; il linguaggio in cui è scritto - persino i caratteri sono incomprensibili - è risultato inaccessibile a qualsiasi interpretazione. Alcuni pensano che si tratti di esperimenti di prototipografia, eseguiti con dei supporti traforati. Ma nessuno ha mai carpito il possibile significato di quelle frasi alate, inframmezzate da immagini di donne immerse in un liquido verdastro, che sembrano partorite dalla mente di un pazzo.

LA TEORIA
Ora, su questo codice custodito alla Beinecke Library dell’Università di Yale, negli Stati Uniti, è stato appena pubblicato uno studio dell’australiano Stephen Kinner, il quale sostiene che l’autore del libro sarebbe un ebreo del Nord Italia, e appone, come prove della sua teoria, il particolare tipo di merlature di un castello che compare in una pagina; quanto alle figure femminili, si tratterebbe di un riferimento al mikveh, un rituale di purificazione ebraico a cui venivano sottoposte anche le donne dopo le mestruazioni o il parto.
Un altro libro leggendario, e invero “maledetto”, è il Codex Gigas, detto anche la Bibbia del Diavolo. Custodito alla Biblioteca Nazionale di Svezia, è un manoscritto di dimensioni davvero imponenti (da cui il nome): ben 75 kg di peso, 50 cm di larghezza per 92 di lunghezza. Quando viene spostato, cosa che accade di rado, servono almeno due persone. Si narra che a fabbricarlo sia stato chiamato nel 1229 un monaco benedettino, Herman il recluso, del monastero di Podlažice, nella Repubblica Ceca. Il religioso era stato condannato a morte per aver gettato alle ortiche i voti; e fu murato vivo. C’era solo un modo di avere salva la vita: produrre, nell’arco di una sola notte, un nuovo libro meraviglioso. Ovviamente, il compito che gli era stato assegnato era impossibile; così Herman vendette l’anima al diavolo, che terminò l’opera al posto suo. Ben 320 pagine, che avrebbero potuto essere prodotte soltanto in 20 o 30 anni. Vi sarebbe anche la “firma” di Lucifero in persona, costituita dal ritratto di una sorta di satanasso con la lingua di fuori, piuttosto orribile, a pagina 290.

LA SONATA DEGLI SPETTRI
Fin qui la leggenda. Ma si dice anche che il drammaturgo August Strindberg, alla fine dell’Ottocento, volle andare ad ammirare questo mastodonte medievale, di notte, per trovare ispirazione; lavorava presso la Biblioteca reale e ne possedeva le chiavi; portò anche gli amici. Ogni lume era spento e riuscì ad ammirarlo grazie alle luci sulfuree dei fiammiferi. Pochi anni dopo, partorì le opere per le quali è diventato famoso, con titoli come La sonata degli spettri e L’isola dei morti. Sul Codex Gigas sono stati compiuti molti studi; i più recenti sottolineano come questo testo, che contiene la trascrizione completa della Bibbia oltre a formule magiche, un calendario e l’elenco completo dei monaci dell’ordine benedettino, non contenga alcun refuso, e che sembra sia stato effettivamente prodotto da un solo autore, in un arco di tempo relativamente breve.

IL CAPOLAVORO
Un altro libro dalla genesi misteriosa è il Libro di Kells, custodito al Trinity College di Dublino, dove è in esposizione permanente; noto come uno dei manoscritti miniati più belli che siano mai stati prodotti, è una raccolta di testi biblici portati a termine tra il sesto e il nono secolo e prende il nome da quello dell’abbazia dove fu conservato (e forse anche terminato) nel corso del Medioevo. Il monastero in questione fu fondato ai tempi dell’invasione vichinga; ed è proprio all’estetica norrena, precristiana, che questo codice deve gran parte del suo fascino. Si tratta di oltre seicento pagine di Vangeli create nello Scriptorium di Iona, l’isola dove viveva San Colombano, l’uomo che ha cristianizzato l’Irlanda. Le decorazioni sono straordinarie. Lettere minate così stilizzate e complesse, curate sin nei minimi dettagli, con draghi che spuntano, a terminare il contorno; figure di personaggi sacri e di bestie immaginarie, seminascoste nella trama delle pagine, in un tripudio di colori. Una fantasmagoria lisergica, allucinatoria, eppure di una nitidezza assoluta, che si dice abbia ispirato, in James Joyce, il deliro di Finnegan’s Wake. Chi si recasse oggi a Dublino, potrebbe ammirare anche altri codici, restaurati di recente e ora mostrati al pubblico, come il Codex Usserianius Primus e i libri intitolati a Dimma e Mulling.
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