Un’altra Ong aiutava gli scafisti:
Medici senza frontiere nell'inchiesta

Un’altra Ong aiutava gli scafisti: Medici senza frontiere nell'inchiesta
di Valentina Errante
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Sabato 5 Agosto 2017, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 6 Agosto, 01:24

Gli sconfinamenti a ridosso del territorio libico e i trasbordi di migranti direttamente dalle imbarcazioni degli scafisti. Le ipotesi contestate dalla procura di Trapani al personale della Jugend Rettet riguardano anche l’attività di Medici senza frontiere, inizialmente coinvolta nell’inchiesta per immigrazione clandestina solo per avere “indottrinato” i naufraghi appena sbarcati in Sicilia, convincendoli a non collaborare con la polizia. Un ampio capitolo dell’indagine dello Sco, che tre giorni fa ha sequestrato la nave Iuventa, trasportata ieri da Lampedusa nel porto di Trapani, rimane ancora segreto e sarebbe focalizzato proprio su Msf, una delle organizzazioni che non ha sottoscritto il codice di condotta del ministero, ma che il Viminale vorrebbe coinvolgere. 

LE IPOTESI
Il ruolo di Medici senza frontiere era finito all’esame della squadra mobile di Trapani per alcuni salvataggi “anomali”, avvenuti molto a ridosso della costa libica e senza avvisare la Guardia costiera italiana. Non solo, era stata la stessa polizia, supportata da personale Frontex, a segnalare al procuratore Ambrogio Cartosio l’atteggiamento che i naufraghi, sbarcati a Trapani dalla “Dignity one” nel maggio 2016, avevano assunto nel cosiddetto «debriefing», ossia l’interrogatorio previsto dall’Ue e indispensabile per individuare eventuali trafficanti di uomini.

L’ipotesi era che proprio il personale di bordo avesse sconsigliato ai migranti un atteggiamento collaborativo. Ma adesso agli atti dell’inchiesta trapanese si sono aggiunti altri elementi che riguardano soccorsi avvenuti senza che vi fosse una reale situazione di pericolo, a ridosso delle coste libiche. I trasbordi sarebbero avvenuti direttamente dalle imbarcazioni degli scafisti alle navi della Ong. E la polizia valuta addirittura i contatti tra il personale di bordo di Msf e soggetti che si trovano in Libia. Accuse documentate con foto e video nei confronti dell’equipaggio della Jugend Rettet e ancora da definire, attraverso testimonianze e documenti, per il personale di Medici senza frontiere. 

GLI ELEMENTI
Sugli sconfinamenti ripetuti, la procura non ha dubbi, sia per la “Dignity one” che per “Bourgon Argos” e “Vos Prudence”, le altre imbarcazioni della ong operativa nel Mediterraneo. Proprio la “Vos Prudence”, 75 metri e una capienza di 400 persone in casi di emergenza, il 7 maggio scorso si sarebbe spinta a otto miglia dalla costa libica (il vecchio codice delle ong non consentiva di superare le 12 miglia).

L’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si baserebbe però su elementi molto più pesanti: i trasbordi di migranti dalle imbarcazioni degli scafisti a quelle della ong, avvenuti in situazioni in cui non si ravvisava alcuna situazione di pericolo. Circostanze che avrebbero portato la procura a esaminare la posizione di una decina di operatori di Msf. L’inchiesta, condotta da Trapani, riguarda anche i contatti tra il personale delle navi e alcuni soggetti stanziali in Libia, non ancora identificati. L’ipotesi è che si tratti proprio di soggetti vicini all’organizzazione non governativa che operano sulla terra ferma e che avrebbero avvisato il personale di bordo delle partenze.

GLI SBARCHI
Intanto diminuisce il numero degli sbarchi. In base ai dati forniti dal Viminale sono 95.811, rispetto ai 99.016 dello stesso periodo dello scorso anno. Un dato in controtendenza rispetto agli ultimi mesi. Non è chiaro se sia un primo esito del pattugliamento delle coste libiche da parte delle navi italiane o semplicemente legato a questioni meteorologiche.
 

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