Roma, «Paga o muori», scacco al clan di usurai: il marito di Eva Henger tra le vittime

Roma, «Paga o muori», scacco al clan di usurai: il marito di Eva Henger tra le vittime
di Michela Allegri
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Sabato 17 Giugno 2017, 08:13 - Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 10:23
Minacce e soldi prestati a strozzo. Estorsioni aggravate dal metodo mafioso e la riverenza nei confronti del boss Michele Senese, O Pazzo, capo del clan camorristico campano radicato nella Capitale. Usura che sfiora tassi d'interesse altissimi, legami con il clan Casamonica, due finanzieri ingaggiati per avere notizie riservate e una sfilza di debitori soffocati dalle pretese dei cravattari. Tra le vittime, c'è anche il marito dell'attrice hard Eva Henger, Massimiliano Caroletti, ricattato insieme al suo consulente fiscale e quasi costretto a cedere i proventi derivati dalla vendita della fiction Roma nuda, le quote di un night club intestato alla pornodiva e pure un appartamento sulla Cassia di proprietà della consorte, per saldare un debito da 400mila euro. Il bilancio dell'operazione Luna Nera della Dda diretta dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, e condotta dai finanzieri del Gico, è di 50 indagati e 17 arrestati per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso, e un sequestro di beni per 16,5 milioni. Francesco Sirica, detto O' Pazz, Luigi Buonocore e Alessandro Presutti sarebbero i capi, si legge nell'ordinanza. Le intercettazioni sono eloquenti: «Ci devono pagare lo strozzo, mi metto sulla moto e lo butto di sotto, tocca ammazzarlo», dicono riferendosi a un debitore. Sono Domenico Sirica, detto Zì Mimmi, Giuseppe Cordaro e Alessandro De Palma, Er Collana, a occuparsi del recupero crediti. Indagati anche due funzionari della Banca del Fucino, due finanzieri accusati di aver rivelato atti coperti dal segreto e altrettanti ispettori dell'agenzia delle Entrate che avrebbero alleggerito una serie di verifiche a carico di uno dei boss. In manette pure un avvocato. Massimiliano Curcio, a piede libero, avrebbe «curato i rapporti con il clan calabrese Rango-Zingari».
LA FICTION
Per riscuotere i crediti, il sodalizio puntava sulle intimidazioni più violente, sfoderando armi e alzando le mani. Le vittime erano terrorizzate. Le intercettazioni in cui Caroletti si sfoga con il suo consulente lasciano pochi dubbi. «Lo so che finirò al cimitero», dice quando un servizio televisivo rischia di rovinare la promozione del film che, in caso di successo, sarebbe servito per ripianare i debiti. «Se non pagano li ammazzo tutte e due», dice invece uno dei boss, riferendosi al produttore e alla consorte, che è contraria alla cessione dei diritti, scatenando le ire dei sodali.
Dalle intercettazioni, il legame con i clan è chiaro. Il nome di Senese veniva utilizzato per incutere timore. «È mio parente, non si deve scherzare», dice Buonocore intercettato. «Stiamo parlando del capo di Roma! Il boss, comanda tutto», sostiene Presutti. Il gruppo raccoglie «oboli» per il sostentamento dei membri del clan campano, accompagnando le donazioni con un bigliettino firmato, perché i Senese sappiano che possono contare su di loro. Il clan dei calabresi gestiva invece il recupero dei crediti. Avrebbe anche messo a disposizione un presunto killer delle cosche per terrorizzare le vittime. È legato invece agli stupefacenti uno dei giri più fruttuosi del sodalizio. Gli inquirenti hanno recuperato un «libro mastro della droga», riferibile alla famiglia Fabietti, che gestisce parte del narcotraffico a Tor Bella Monaca. Tra le pagine vengono segnati debiti in favore del gruppo per circa 6 milioni di euro, corrispondenti a cessioni droga per almeno 120 kg.
 
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