Da Last day of June a Little Nightmares: quando in gioco ci sono le emozioni

Un'immagine di "Last day of June"
di Andrea Andrei
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Lunedì 5 Giugno 2017, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 09:01

Dimenticate Fifa e Pes. Dimenticate i giochi di guerra e gli sparatutto. Perché i videogiochi sono (anche) molto altro. Sanno far riflettere e sanno far piangere, sanno raccontare storie profonde, far vivere esperienze magiche e drammi e creare personaggi che diventano compagni di vita ed eroi quotidiani proprio come un Holden, un Gatsby o un Malaussène. E sanno farlo con un'immersività non paragonabile nemmeno a quella dei film, grazie alla possibilità di interagire ed entrare - letteralmente - nella storia.
 

 

LA GRAFICA
I videogame, diventando sempre più complessi ed evoluti sia nella grafica che nelle dinamiche di gioco, hanno scoperto e sempre più coltivato una vocazione più nobile e soprattutto più coraggiosa, che ha portato gli sviluppatori, gli sceneggiatori e i musicisti a spingersi in argomenti sempre più difficili e drammatici, fino a rendere il gamepad non più in un semplice strumento di controllo, ma in un mezzo attraverso cui vivere un'esperienza dalla forte componente emotiva. Non è un caso che i nuovi controller, primi fra tutti i visori per la realtà virtuale, vadano proprio in questa direzione: trasformare il ruolo del giocatore in quello di spettatore-protagonista.

Perciò capita che alcune opere riescano a parlare alla parte più fragile di noi stessi, con un linguaggio raffinato e poetico proprio come la musica sa fare. Da Heavy Rain a Journey, vero e proprio viaggio emozionale, fino a Limbo o Unravel, o ancora al nuovissimo Little Nightmares, titolo di Tarsier Studios distribuito da Bandai Namco che con le dinamiche del platform riesce a ricostruire una storia di forza e abbandono in stile Tim Burton, sempre a un passo dall'horror senza arrivarci mai, e che promette di far rivivere al giocatore adulto le paure dell'infanzia (ci riesce bene e oltre che intenso è anche divertente).

LA COLONNA SONORA
Ancor più esemplare è il caso di Last day of June, titolo annunciato pochi giorni fa da Ovosonico, casa di sviluppo di Varese con ambizioni globali. Ambizioni ben giustificate e anzi già assecondate dalla partecipazione di un musicista del calibro di Steven Wilson dei Porcupine Tree, che ne ha curato la colonna sonora. Se come biglietto da visita non dovesse bastare, al progetto ha partecipato anche la regista Jess Cope (che ha lavorato all'animazione in Frankenweenie di Tim Burton).

E se nemmeno questo fosse abbastanza, il consiglio è di dare un'occhiata al trailer del videogame, che sarà pubblicato da 505 Games entro l'anno per PlayStation 4 e Pc. «Potrei dire che l'idea è nata dalla musica - racconta Massimo Guarini, fondatore e ceo di Ovosonico - anzi, da una canzone in particolare, Drive home di Steven Wilson e dal suo videoclip. Allora abbiamo pensato di rendere quella storia interattiva, trasformando il gioco in strumento narrativo».

Una storia d'amore, l'idillio in riva a un lago, poi un temporale improvviso, un incidente, l'incubo della perdita. Una storia di quelle che bisogna armarsi di coraggio per affrontare, di quelle che prendono il cuore e lo stomaco, e che si fonda su una domanda che nessuno mai vorrebbe sentirsi rivolgere: Cosa saresti disposto a fare per salvare chi ami?. «Le meccaniche di gioco sono state realizzate in base alla narrazione, non il contrario - spiega Guarini - ci si ritrova davanti a una serie di enigmi per cambiare il corso degli eventi e salvare la vita di June, l'amore del protagonista, Carl, che scopre di poter tornare indietro nel tempo attraverso i dipinti della ragazza». Un po' come in Butterfly Effect, solo che qui a decidere non è il regista, ma lo spettatore: «Insomma, una partita a scacchi col destino».

Non si può non parlare di ambizione anche nel caso di The town of light, videogioco uscito nel 2016 su Pc e disponibile da domani, in versione migliorata e definitiva, anche per Ps4 e Xbox One. La casa di sviluppo fiorentina LKA ha ricostruito fedelmente l'ex manicomio di Volterra (chiuso nel 1978 e oggi in stato di abbandono) e attraverso i documenti originali dell'epoca ha creato la storia di Renée, una ragazza che nel 1938, a 16 anni, viene internata nella struttura psichiatrica, che diventa il teatro dei traumi che rivivrà tornando in quel luogo tanti anni più tardi.

LA RISCOPERTA
«Non è un modo per puntare il dito contro qualcuno - sottolinea Luca Dalcò, fondatore di LKA - ma per non dimenticare quella che è stata una parte, buia, della storia del nostro Paese. Vorremmo essere, con il nostro videogame, un mezzo di promozione del territorio. L'ex manicomio di Volterra è un luogo bellissimo ma avvolto da un'ombra sinistra, un po' come chi lo ha abitato. Una struttura abbandonata che nasconde storie abbandonate. Un videogioco è il modo migliore per riscoprirle».

«Molte persone dicono di non amare i videogiochi senza averli mai provati veramente, cosa che non accade però per i film, la musica o l'arte in generale - è la considerazione di Guarini - Quando abbiamo contattato Wilson per proporgli di collaborare, ci ha risposto che i videogame non gli interessavano. Non ci siamo dati per vinti, abbiamo realizzato un trailer e glielo abbiamo inviato. Ci ha messo a disposizione la sua intera discografia».

andrea.andrei@ilmessaggero.it
Twitter: @andreaandrei_

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