Dentro l'acqua, appena uscito in libreria, è stato subito preso di mira dalla stampa anglofona: troppi personaggi, troppe storie parallele che confondono il lettore. Le critiche non sono senza fondamento: ci sono almeno undici punti di vista diversi, in un racconto corale a cui tutta la cittadina inglese di Beckford è chiamata a collaborare. Ma il romanzo ha un suo appeal maledetto, da opera gotica, e l'intreccio (malgrado la complessità) tiene.
Nel suo romanzo d'esordio la scrittrice inglese aveva fatto di una antieroina - dall'aspetto dimesso e tendente al bere - la protagonista assoluta, in una storia che pareva una finestra sul cortile in versione ferroviaria. Qui è come se i personaggi difettosi si moltiplichino. A partire da Nel Abbott, la donna trovata senza vita nel fiume, apparentemente suicida, e che dà il via alla storia. Ci sono sua sorella Jules, sgraziata e poco attraente; la figlia adolescente della vittima, Lena; l'amica di quest'ultima, la bellissima Katie. Un detective, Sean, che indaga su una vicenda che (pur senza saperlo) lo riguarda direttamente; la sua collega Erin; una sensitiva che - malgrado l'impossibilità di provare le sue affermazioni - è l'unica a cogliere il senso di quello che succede. E una miriade di personaggi di contorno.
Su tutto e tutti, domina lo Stagno delle Annegate. Un luogo sinistro dove, un tempo, venivano gettate le streghe. E dove, adesso, finiscono per annegare donne «che causano problemi».
L'intensità delle passioni ricorda, a tratti, la penna di Emily Brontë, ma è semmai alla prosa precisa e fredda di John Banville che - tra i contemporanei - bisogna guardare. L'acqua è un liquido amniotico, che attira a sé, in un abbraccio di morte. Nella casa della protagonista, campeggiano l'Ophelia di Millais, «bella e serena, con gli occhi e la bocca aperti, i fiori tra le mani», ma anche l'Ecate di William Blake, Il sabba delle streghe e Il cane di Goya, «una povera bestia che lotta per tenere la testa al disopra della marea che sale». La marea è rappresentata dai nostri segreti, che neghiamo persino a noi stessi e che ci conducono, come bugie letali, a una vita che non ci appartiene.
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