Sulla questione è intervenuta la Commissione elettorale definendo la pratica «pericolosa, illegale, opposta alle leggi e alle tradizioni» anche in virtù del fatto che «ogni cittadino ha il diritto di sapere per chi vota». Si tratta dell’ennesima strategia per rendere più complicata l’elezione delle donne (usata anche nel 2011 e nel 2012 in Egitto e lo scorso settembre a Gaza) in un Paese che, dal 2011, prevede quelle quote rosa tanto osteggiate da molti deputati uomini sin dalla loro introduzione. Eppure, in un solo anno, la novità aveva dato come risultato una rappresentanza passata dal 7 al 31%. Ma si tratta di una politica ancora lontanissima da certi principi. Nadia Chouitem, deputata algerina del Partito dei Lavoratori, ha spiegato come le quote abbiano contribuito soltanto ad un cambiamento quantitativo: «Sono un trompe-l’oeil, un’illusione, perché imposte senza che le parti in causa ne siano davvero convinte. I partiti, in questo modo, fingono di promuovere la presenza delle donne nella vita politica». Intanto, lo scorso 17 aprile, le autorità elettorali hanno dato ai responsabili 48 ore di tempo per sostituire i manifesti: pena la cancellazione delle liste.
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