Il cappellano del carcere, don Luigi Paoletti, racconta che il detenuto - che sta collaborando con la giustizia - ha conosciuto il Papa nel carcere di Poggioreale, due anni fa, quando Francesco fece tappa a Napoli. «C’è anche una foto che li ritrae assieme» spiega don Luigi. «Ora lui non si trova più in isolamento perché ha iniziato a collaborare con i magistrati. Ora può lavorare anche se sempre dentro al carcere, in una delle strutture lavorative presenti. C’è persino il laboratorio di pizzeria e un orto favoloso». La corrispondenza epistolare tra il carcerato e il Papa è periodica. «Una volta mi ha mostrato anche una lettera».
Il carcere ospita una settantina di carcerati, fra uomini e donne. La casa di reclusione è una fortezza del XVI secolo rimaneggiata nell’Ottocento quando fu creato anche il sanatorio per chi è affetto da Tbc. Conta cinquantaquattro celle che formano un istituto particolare perché dedicato ai collaboratori di giustizia che «stanno scontando pene molto lunghe. Alcuni vivono in isolamento, si tratta di un periodo di circa 6 mesi necessario ai magistrati per effettuare le verifiche sulle deposizioni e gli interrogatori», chiarisce il cappellano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA