Rigopiano, uccisi anche dal gelo

Rigopiano, uccisi anche dal gelo
di Paolo Mastri
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Giovedì 26 Gennaio 2017, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 12:34
PESCARA Non sono riusciti a riportarli a valle prima della valanga. Ma per farli salire fino all'hotel della morte, a quota 1200 sulle pareti del Gran Sasso, la sera di martedì 17 gennaio fu schierata addirittura la polizia provinciale, che con un'auto di servizio scortò la piccola carovana di dieci ospiti diretti al Rigopiano.

Anche se la bufera cattiva sarebbe arrivata soltanto a notte fonda, alle 19 nevicava già copiosamente e la strada era percorribile soltanto con l'accompagnamento della forza pubblica. Un dettaglio nuovo, svelato ieri dal presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, che aggiunge veleno a una storia maledetta e chiama in causa anche comportamenti e scelte della direzione dell'albergo, nel giorno più duro per la famiglia del Rosso, che piange il ritrovamento del corpo senza vita di Roberto, zio dell'attuale proprietario Bruno Di Tommaso, il cui nome compare tra le 29 vittime recuperate.

In serata anche gli ultimi due corpi vengono ritrovati tra quel che resta del resort. Sulla missione notturna della polizia provinciale verso l'Hotel Rigopiano, e soprattutto sulla sua mancata replica il giorno successivo, quando tutti gli ospiti chiesero in blocco di ripartire per la paura di neve e terremoto, si aprirà inevitabilmente un approfondimento investigativo.

IPOTERMIA E ASFISSIA
E anche sul piano giudiziario, quello delle vittime diventa il capitolo centrale alla luce dei referti delle prime sei autopsie. Fra le cause di morte, in alcuni casi, oltre ai gravi traumi di schiacciamento vengono elencati ipotermia e asfissia: vuol dire che tutti i decessi non istantanei dovranno essere messi in relazione con il ritardo accertato nella partenza della macchina dei soccorsi, un arco di tempo che le ultime indagini della squadra mobile di Pescara estendono fino alle quasi tre ore trascorse dalla prima telefonata di Giampiero Parete, ricevuta dal 118 alle 17,09, alla concreta partenza della colonna avvenuta alle 20.

L'INTERROGATORIO
Con l'interrogatorio della vice prefetto Ida De Cesaris, responsabile della sala operativa di protezione civile, la ricostruzione di orari, azioni e omissioni può dirsi praticamente completa. E su questo punto, nei prossimi giorni, prenderà corpo la prima informativa per la Procura della Repubblica: nel mirino, in particolare, le condotte di Prefettura e 118, i cui operatori avrebbero concorso a generare l'equivoco sul falso allarme.
Tra i dati certi, il Procuratore Tedeschini elenca pure lo stato di grave ansia della piccola comunità prigioniera dell'Hotel Rigopiano. La sensazione è che, al di là del punto interrogativo sull'attuazione concreta dell'allerta valanghe di grado 4 lanciato da Meteomont, fin dal mattino, dopo le scosse di terremoto, si sarebbe dovuto fare qualcosa per evacuarli.

Nessun dubbio, comunque, che la nota di Meteomont sia stata inviata e correttamente ricevuta da una batteria di terminali istituzionali tra cui spiccano le quattro Prefetture abruzzesi, Province e Comuni interessati. Fanno fede le mail certificate sequestrate ieri dalla Forestale, anche nel municipio di Farindola.

LE CARTE DELL'ALBERGO
Un colpo deciso di acceleratore lo ha subito il filone della costruzione dell'albergo. Negli uffici del piccolo Comune di Farindola i carabinieri hanno prelevato tutti i fascicoli relativi all'ex rifugio trasformato in albergo nei primi anni Settanta e in resort di lusso nel 2007. Ufficialmente, anche gli atti del processo conclusosi a novembre con assoluzioni e prescrizioni fanno parte dell'inchiesta sulla strage. Senza rivangare i due episodi di corruzione sui quali si è formato il giudicato, il faro della Procura illuminerà fino in fondo la storia di un edificio che, alla luce delle carte di rischio esistenti in Regione, non avrebbe dovuto sorgere in quella zona o comunque ambire a un'agibilità invernale.

E che difficilmente, dopo il fallimento dell'ultima società con il nome di famiglia, avrebbe dovuto continuare a rimanere nella disponibilità dei Del Rosso, dietro lo schermo di una serie di società - Mountain park, Gran Sasso resort srl, Gran Sasso resort spa - sempre riconducibili a mogli e parenti. Fatti al centro di una vecchia un'inchiesta per bancarotta che tornano fatalmente d'attualità.