Terremoto, il capo della Protezione civile Curcio: «Gli sfollati priorità assoluta, i cittadini devono assicurarsi»

Terremoto, il capo della Protezione civile Curcio: «Gli sfollati priorità assoluta, i cittadini devono assicurarsi»
di Sara Menafra
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Sabato 27 Agosto 2016, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 07:13
dal nostro inviato

AMATRICE È la prima vera e propria emergenza gestita da capo, il terremoto di Amatrice. Ma sebbene sia arrivato un anno al vertice della protezione civile con l’obiettivo di ammodernare l’organizzazione e rimotivare i suoi, Fabrizio Curcio preferisce evitare i paragoni con il passato.
Ingegner Curcio, i terremoti in Italia sono un appuntamento ormai costante e sempre più ravvicinato. Perché ci troviamo sempre a gestire livelli così alti di distruzione, sebbene il rischio sismico sia noto a tutti?
«Io francamente non amo paragoni rispetto al passato. Quando si fanno paragoni, si perde la misura del fatto che ogni evento ha delle sue specificità. La situazione che affrontiamo oggi è quella che conta e sulla quale siamo concentrati: parliamo di un sisma importante che ha colpito in maniera differente quattro regioni, due delle quali con perdite di vite umane importanti. Il soccorso tecnico urgente è ancora in corso ma è ora in via di chiusura. Ora è importante assistere la popolazione in modo sempre più specifico. Quindi partirà quello che speriamo sia un rapido ripristino delle condizioni ordinarie. A cominciare dagli alloggi».
 
Si riferisce alle tendopoli?
«La popolazione che ora è nelle aree attendate avrà la priorità assoluta anche perché nel territorio colpito a breve le temperature scenderanno ulteriormente e non sarà possibile affrontarle in tenda». 

Avete già un’idea di come ovviare all’emergenza freddo alle porte?
«Il problema è di metodo: ci siamo confrontati col presidente Renzi e la priorità è decidere insieme a chi vive i territori. Quindi non voglio disattendere questa regola. Cerchiamo di ricordare che stiamo ragionando di una cosa successa appena tre giorni fa: i primi due giorni li abbiamo gestiti dal punto di vista emergenziale. Ora stiamo programmando ma non vogliamo calare le risposte dall’alto. L’importante ora è restituire ai sindaci la capacità pratica di capire di cosa hanno bisogno i loro concittadini». 

Ma non è ovvio? Tutti continuano a ripetere di volere una vita il più possibile a quella che era prima. Perché lei dice dobbiamo capire cosa vogliono?
«E’ necessaria la ricostruzione delle esigenze perché assieme alle città sono le strutture comunali ad essere rasi al suolo. Se è vero che in piccoli borghi i sindaci conoscono per nome tutti è altrettanto vero che sono scomparsi archivi, hard disk, database. Il sindaco che non ha più il proprio comune non è certo in grado di certificare chi abitava dove e come, distinguendo villeggianti e residenti ad esempio. La mappatura è dunque la nostra priorità assoluta». 

I residenti sembrano dire che vogliono i loro paesi com’erano e dov’erano, come si disse dopo il terremoto del ‘97. Su questo punto possono stare tranquilli, nell’ambito del possibile? 
«L’hanno detto persone più autorevoli di me. La regola sarà il com’era e dov’era. Certo, la fase di ricostruzione comporta un certo periodo di tempo». 

Le cronache dicono che i finanziamenti per le ristrutturazioni anti sismiche in molti casi non sono stati usati. E che la protezione civile ha cercato di sensibilizzare cittadini e autorità locali, inutilmente. 
«Abbiamo spinto molto all’utilizzo di questi fondi, è vero. Non voglio fare il professore del giorno dopo, ci sono state difficoltà oggettive, alcune volte non è stato possibile perché c’era il patto di stabilità, altre volte per problemi di natura diversa o lentezze. Molto conta l’educazione del singolo cittadino, la coscienza del problema». 

Ma almeno dal suo punto di vista quali sono le priorità per evitare altre tragedie?
«Prima di tutto continuare ad investire sulla prevenzione di tipo strutturale. Quest’anno finivano i finanziamenti su questo aspetto, mi pare che ci siano state assicurazioni che riprenderanno. Poi c’è un tema culturale: dobbiamo capire come cittadini che siamo in un paese altamente sismico. Dobbiamo saperlo ed occuparcene quando compriamo casa. La valutazione sismica non è un dettaglio ma un elemento centrale».

Alcuni esperti dicono che il modello potrebbe essere quello delle assicurazioni che garantiscono un singolo bene ma poi pagano in caso di sciagura evitando che il costo della ristrutturazione cada tutto sullo stato. Cosa ne pensa?
«In prospettiva a mio avviso è il modello a cui tendere, anche per limitare il carico sullo Stato. E’ chiaro che c’è una difficoltà alla finalizzazione. In Italia, il valore delle singole costruzioni deve avere parametri ben calibrati sul piano culturale. Se vogliamo è un tema sia culturale sia tecnico: siamo noi cittadini disposti a far valutare da una assicurazione la nostra abitazione da un punto di vista sismico? E ad attribuire a questo un valore economico?» 

Altro problema è la pianificazione sismica. 
«E’ il concetto basilare. La pianificazione costringe a prendere coscienza di un problema,. Proprio per questo è un tema su cui il dipartimento batte da tempo. Ma pianificare neppure basta. A livello nazionale il 65-67% dei comuni, con variabili da regione a regione, ha la pianificazione. Ma bisogna capire la qualità di questi piani. Non basta avere il piano ma bisogna far si che quel piano abbia i giusti requisiti e non sia magari scopiazzato dal comune vicino. Altrimenti non serve a nulla». 
 
Chi valuta i piani? La protezione civile?
«Sarebbe impossibile. Il miglior controllore è il cittadino stesso, maturo, formato e consapevole che capisce se un piano è un buon piano o non lo è. Siamo ancora lontani da questa presa di coscienza anche se in alcune realtà si comincia a parlare di piani partecipati». 

Ma non sono temi troppo tecnici? Come può valutare il cittadino?
«Il cittadino deve sapere, ad esempio se domani c’è una scossa sismica forte, dove deve andare e come deve comportarsi. Quanti lo sanno? Quanti conoscono le aree di accoglienza predisposte nel proprio territorio?» 

Il presidente Renzi ha dato atto dell’enorme sforzo dei volontari. C’è chi dice che c’è stato persino troppo entusiasmo. Lei cosa ne pensa?
«La protezione civile si è occupata di organizzare i volontari e devo dire che c’è stato un afflusso si massiccio ma di persone competenti e formate. Io li ringrazio tutti per lo sforzo fatto e voglio sottolineare che anche per loro arrivare sui territori non è stato facile. Ora che la prima emergenza è passata dovremo rimodulare le forze in campo nei tempi più lunghi». 
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