Regeni, l'ira dell'Italia sull'Egitto. Ultimatum di Renzi ad Al Sisi: «Basta con verità di comodo»

Regeni, l'ira dell'Italia sull'Egitto. Ultimatum di Renzi ad Al Sisi: «Basta con verità di comodo»
di Marco Conti
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Sabato 26 Marzo 2016, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 16:35

«Vogliamo la verità e Al Sisi lo sa perfettamente». Anche ieri Matteo Renzi ha chiamato i genitori di Giulio Regeni per rassicurarli sulla volontà del governo italiano di fare chiarezza sino in fondo sulla morte del figlio. Poco prima era stato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a rassicurare i familiari sulla ennesima versione fornita ieri mattina dal ministero dell’Interno egiziano, e rilanciata da media compiacenti, secondo la quale il giovane ricercatore sarebbe stato ucciso a seguito di una rapina compiuta da cinque uomini successivamente uccisi dalla polizia. «Non intendiamo legittimare alcunché se non la verità e questa non lo è di certo», ha affermato il responsabile della Farnesina.
 
PRESSING
Il caso è tutt’altro che chiuso per il governo, per il procuratore Pignatone, per il Pd - che parla con Debora Serracchiani - e per tutte le forze politiche che rifiutano con sdegno e irrisione la versione fornita dal governo egiziano che, a due mesi dal rapimento di Giulio, non riesce e non vuole arrivare alla verità. Il pressing sul governo e sugli inquirenti egiziani continua e viene alimentato direttamente da palazzo Chigi. Anche se ieri Matteo Renzi non è intervenuto ufficialmente sulla questione, vale la posizione espressa più volte: «Noi non possiamo accontentarci di una verità artificiale e raccogliticcia. Si sappia che non c'è verità di comodo, non c'è business che tenga, non c'è diplomazia che tenga».

Una linea ferma, quella del presidente del Consiglio, che affida al procuratore Pignatone la ricerca della verità «perché noi non ci accontenteremo di niente di meno che la verità». Speranze in tal senso sembravano arrivare dalle parole del presidente egiziano Al Sisi che, intervistato una decina di giorni fa da Repubblica, sosteneva: «Vi faccio le mie più sentite condoglianze e sono solidale con la vostra grande perdita. Vi prometto - ebbe a dire Al Sisi - che faremo luce e arriveremo alla verità, che lavoreremo con le autorità italiane per fare giustizia e punire i criminali che hanno ucciso vostro figlio».

In quella occasione Al Sisi non disse nulla sui possibili mandanti dell’assassinio, ma l’Egitto accettò l’arrivo dall’Italia di investigatori italiani che proprio ieri sono rientrati a Roma per fare il punto sulle indagini con il capo della Procura Giuseppe Pignatone. Le indagini per l’Italia devono proseguire e ai primi di aprile saranno gli inquirenti egiziani a venire a Roma per incontrare al ministero dell’Interno i colleghi che da qualche settimana fanno avanti e indietro con il Cairo.

INSIEME
L’ennesima versione fornita ieri dalla procura generale del Cairo è ”accessoriata” da foto e indiscrezioni, conferma le difficoltà esistenti nel governo egiziano che in maniera spasmodica e sconclusionata sta cercando di mettere insieme una verità più o meno credibile che scarichi la responsabilità sulla criminalità comune in modo da mettere al riparo i veri mandanti e i responsabili delle sevizie e dell’assassinio di Regeni. «L’ennesima fabbricazione» di una versione, come ieri l’ha definita Emma Bonino, conferma anche le difficoltà che lo stesso Al Sisi incontra nel venire a capo di una vicenda che in maniera sempre più evidente coinvolge spezzoni del multiforme apparato di sicurezza egiziano.

FONTE
Renzi è consapevole delle difficoltà interne del presidente egiziano ma, pur non volendo trasformare la vicenda in occasione per una crisi diplomatica tra i due Paesi, mantiene ferma la posizione dell’Italia ribadita ieri in una nota nella quale viene sottolineata «la volontà di fare piena luce». Non c’è dubbio che il caso Regeni è fonte di forte imbarazzo per il governo egiziano e rischia di diventarlo ogni giorno di più se l’Italia continuerà a far capire che non intende dimenticare la vicenda. Le forti relazioni economiche e commerciali tra i due Paesi accentuano la necessità, da parte di Al Sisi, di trovare i veri responsabili di una vicenda che, oltretutto, rischia di indebolire il Cairo sul piano internazionale.

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