Quelle Molenbeek italiane dove l'Isis cerca i suoi adepti

Quelle Molenbeek italiane dove l'Isis cerca i suoi adepti
di Valentina Errante
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Giovedì 24 Marzo 2016, 09:04 - Ultimo aggiornamento: 14:01
Inclusione sociale, integrazione economica, criminalità e spesa pubblica. Quattro indicatori per stabilire le città più a rischio del nostro Paese e quali siano le banlieu italiane, tecnicamente molto diverse da quelle della maggior parte delle città europee: non ci sono seconde e terze generazioni di immigrati che alla ”ghettizzazione” e all'emarginazione rispondano con l'esasperata rivendicazione della propria identità culturale fino alla follia del martirio. Ci sono però zone ad alta densità abitativa, dove la presenza di immigrati è sempre maggiore e povertà e disagio sono un potenziale ”pericolo”, perché il richiamo di Daesh potrebbe diventare una via di fuga. Lo studio della Fondazione Leone Moressa, lo scorso anno, ha ribaltato i luoghi comuni stabilendo che a maggiore rischio sono proprio le città del Nord. Bologna, Milano, Livorno. Il Sud sta in fondo alla classifica: ultima, è Reggio Calabria.

I DATI
Da un'indagine di Bankitalia è emerso che il 33,9% delle famiglie straniere vive al di sotto della soglia di povertà, mentre tra gli italiani il livello scende al 12,4%. Anche la condizione abitativa testimonia una diffusa situazione di precarietà: tra le famiglie italiane solo il 9,9% vive in situazioni di sovraffollamento, tra gli stranieri la percentuale raggiunge il 36,7% la dimensione media delle abitazioni per gli immigrati è di 68 mq, 35 in meno rispetto a quelle degli italiani. E' la disperazione è il terreno più fertile, come ha spiegato Jelassi Rihad, l'unico estremista islamico pentito in Italia.
Bologna è la città con la periferia più esposta al fenomeno ”banlieu” tra quelle prese in esame. E' nella città emiliana che la popolazione straniera residente rappresenta il 14.7% del totale (oltre 56 mila persone), ma a incidere è soprattutto la variabile legata al reddito medio, che per gli immigrati, nel 2013, è stato mediamente più basso di 11 mila euro. E se non spiccano i dati legati al tasso di criminalità, bisogna invece considerare che dal 2003 al 2011 la spesa per l'integrazione, pari a 5,2 milioni di euro, è calata dello 0,6%. «Il rischio di precarietà della periferia - si precisa nello studio - è molto alto a causa del forte differenziale di reddito e della diminuzione dell'incidenza della spesa per l'immigrazione». Al secondo posto si colloca Milano che ha un indicatore 122. Nel capoluogo lombardo il 95% degli stranieri abita nelle periferie. A incidere maggiormente è il differenziale di reddito tra italiani e stranieri (11.300 euro). Subito dopo Genova (indicatore 119). Ma in classifica rientrano anche Livorno, Venezia, Firenze e Torino.

I QUARTIERI
A Bologna il ”ghetto” può essere considerato il Navile, quartiere a nord della città. Qui l'incidenza percentuale di residenti è del 19,9 per cento, valore tra l'altro in crescita. Segue San Donato, dove il 17,4 per cento di immigrati residenti dal 2013 sembra salire di un punto percentuale ogni anno. In testa alle potenziali ”banlieu” milanesi c'è invece ”Inganni”, dove i valori immobiliari sono scesi in picchiata proprio per la massiccia presenza di immigrati. E poi via Padova, improvvisamente periferia a due passi da piazzale Loreto, dove il centro della città diventa suq: mini market internet point e money transfer. E' qui che qualche anno fa l'omicidio di un ragazzino egiziano ha fatto esplodere la tensione sociale. Ed è qui che la mancata costruzione della moschea aveva dato vita a fortissime tensioni. A Roma le scene di guerriglia urbana si sono viste due anni fa a Tor Sapienza, periferia a est, dove la tensione è deflagrata in incendi e risse. Poi Centocelle. Nulla a che vedere con la Multietnica e centrale piazza Vittorio Emanuele, dove la massiccia presenza cinese si mescola a quella di maghrebini e a una fetta della borghesia.
 

IL VERBALE
A spiegare perché l'inclusione sociale e l'integrazione economica siano gli indicatori principali del ”pericolo” Molenbeek sono le parole del primo combattente estremista pentito in Italia: «La morte - ha spiegato ai pm nel 2009 - è il nostro debole, l'essere umano può arrivare alla tecnologia, è arrivato a sbarcare sulla luna, ma di fronte alla morte non c'è scampo. Loro puntano su questo punto debole, questa realtà! Renderti utile morendo, un contributo per salvarti, mica per me, per salvare te stesso, tanto sei morto ugualmente, questa filosofia è molto pericolosa, perché quando si parla della morte, è pericoloso. Perché uno ha fatto degli anni di carcere è in mezzo alla strada a Milano, nevica, fa freddo, non ha da mangiare, non ha una coperta, rischia l'espulsione, nel suo Paese ha vent'anni di carcere da scontare, l'unica soluzione è morire! Se sei in quelle condizioni e ti parlano di Paradiso e di tutto ciò che è in Paradiso, è chiaro che tu dici io sono già morto, cioè, peggio di così non può capitarmi. E quindi ti piace l'idea. Ti lasciano fare la doccia, un pasto caldo e ripeti un altro giorno, un altro giorno e qua viene inculcato il pensiero, in questo modo».
 
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