Renzi e la Reggia di Caserta: «Sindacati, pacchia finita»

Renzi e la Reggia di Caserta: «Sindacati, pacchia finita»
di Antonello Velardi
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Sabato 5 Marzo 2016, 09:26 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 16:16

NAPOLI - Siamo tutti Felicori. Sì, siamo tutti Felicori. In una giornata particolare il direttore della Reggia di Caserta, che di nome fa Mauro e di cognome Felicori, si ritrova nel vortice del dibattito politico e sindacale, al centro di una valanga di commenti sui social, dominatore incontrastato dei siti web e dei tg. È una pioggia di commenti a suo favore, gli dicono e gli scrivono di tutto; lo propongono ovviamente anche come candidato sindaco di Caserta, la città che lui ha adottato che però non ha ancora del tutto adottato lui. È una giornata davvero particolare per Mauro Felicori, il marziano arrivato da Bologna.

L'ACCUSA
La sua è una vicenda incredibile, paradigmatica: i sindacati lo attaccano perché lavora troppo. Anzi, peggio: si trattiene in ufficio più del dovuto e mette a rischio la sicurezza del monumento. L'accusa è nero su bianco, in un comunicato ufficiale su carta intestata di diversi sindacati, alcuni anche di peso. Un'accusa passata sotto silenzio, affogata in due pagine in puro stile burocratese e sindacalese, ma poi ieri improvvisamente venuta alla luce con un articolo pubblicato sulla prima pagina del Mattino.

Una storia surreale, quasi uno scherzo. Un'accusa ridicola, scrive il Presidente del Consiglio Matteo Renzi che nel pomeriggio scrive su Facebook un durissimo post a difesa di Felicori e contro i sindacati. Non usa mezzi termini il premier. «I sindacati - scrive sul social - che si lamentano di Felicori, scelto dal governo con un bando internazionale, dovrebbero rendersi conto che il vento è cambiato. E la pacchia è finita!».
Il messaggio del Presidente del Consiglio arriva mentre sul web c'è un esercito di navigatori schierati al fianco del direttore della Reggia di Caserta. Siamo tutti Felicori, è lo slogan dominante.
Uno schieramento che si ingrossa con il passare delle ore. Mauro Felicori, l'uomo del giorno, trascorre una mattinata tranquilla come se nulla fosse accaduto: va alla presentazione di un'iniziativa per il gemellaggio della Reggia con la sua Bologna.

A fine mattinata arriva anche la telefonata dallo staff del ministro Dario Franceschini in sintonia con il messaggio del premier. Dopo aver sottolineato l'atteggiamento ridicolo del sindacato, di quella parte di sindacato che ha lanciato l'accusa, e aver ricordato che la pacchia è finita, il Presidente del Consiglio si schiera al fianco del direttore: «Felicori ha un mandato chiaro, rilanciare la Reggia. E noi siamo con lui. La Reggia di Caserta è un luogo meraviglioso, ad appena un'ora di treno da Roma Termini. Non è un caso se a febbraio 2016 i visitatori sono aumentati del 70% rispetto a febbraio 2015 e gli incassi aumentati del 105%». «Quando ho visitato la Reggia - insiste Renzi - ho detto chiaramente che noi credevamo in questo luogo pazzesco. Il direttore sta facendo semplicemente il suo lavoro. E tutti siamo con lui, senza paura. Il vento è cambiato. Viva la cultura, viva l'Italia che si impegna».

Non è una dichiarazione di routine, sono parole sentite quelle del premier che poi, al Mattino, sottolinea altri aspetti a conferma di un'attenzione particolare non solo a Caserta, ma al Sud e alla sua capitale, a Napoli, in un momento cruciale.

Perciò la vicenda di Caserta non può passare sotto silenzio, va chiarito senza ma e senza se che la Reggia è una delle grandi opportunità della Campania, del Sud, del Paese.

UN PASSATO DI SINISTRA
La Cgil è in imbarazzo. La leader Susanna Camusso è onesta, chiara, netta: in un tweet spiega che i sindacalisti che hanno sostenuto quell'accusa hanno sbagliato e sottolinea che chi sbaglia può anche rendersi conto di averlo fatto. Chiede, in sostenza, scusa a Felicori anche perché capisce che quel direttore è tutto fuorché un mangia-sindacati: ha una storia di sinistra, ha un passato di giornalista a Paese Sera, a Bologna è conosciuto per la sua correttezza.

Il segretario della Uil, Francesco Barbagallo, interviene dopo ma va ben oltre e sospende direttamente i suoi iscritti che hanno firmato il documento. Appaiono davvero rauche, in questo contesto, le voci di alcuni sindacalisti locali che provano a difendere i loro colleghi della Reggia.

Sarà pure venuto da un altro pianeta, ma Felicori continua ad avere le idee chiare.

E a sera risponde a quello che considera un «gesto di sfida che finisce solo per danneggiare l'immagine di tanti lavoratori della Reggia che stanno partecipando con passione al progetto di rilancio del Palazzo Reale». Non torna indietro, andrà avanti per la sua strada, «con umiltà ma con determinazione». I sindacati sono avvertiti. Prima delle dieci, quando ormai può lasciare l'ufficio, parte per Napoli. Un amico lo porta in macchina ad una festicciola, in un ristorante di Posillipo. Quando entra in sala scatta l'applauso. Siamo tutti Felicori, gli dicono ad alta voce. Che è successo? In un giorno solo il marziano è diventato una star? Sì, forse ha ragione Renzi: il vento è cambiato.

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