Elezioni in Iran: battaglia tra conservatori e riformisti

Elezioni in Iran: battaglia tra conservatori e riformisti
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Giovedì 25 Febbraio 2016, 17:34 - Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 21:04
L'Iran va alle urne per rinnovare il Parlamento in un voto considerato da molti come una sorta di referendum sulla politica di apertura al mondo del presidente della Repubblica islamica Hassan Rohani. Ma alla vigilia di elezioni così importanti oggi, a sorpresa, il capo della commissione elettorale Mohammad Hussein Moghini ha annunciato che circa 1400 candidati - sui 6233 ammessi dal Consiglio dei Guardiani - hanno rinunciato in questi ultimi giorni a presentarsi per uno dei 290 seggi in gioco nel nuovo Parlamento iraniano, il decimo Majlis dalla rivoluzione del 1979. Moghini si è limitato a dire che nel voto saranno in corsa 4844 aspiranti deputati, senza dare spiegazioni di un così alto numero di defezioni. Quello che comunque sembra preoccupare di più le autorità, in queste ore, è l'astensionismo.

Un sondaggio condotto su un campione di 36mila persone dalla super-ufficiale Irib, l'emittente della Repubblica islamica iraniana, riferisce che il 40% dei circa 55 milioni di elettori iraniani potrebbe non recarsi alle urne. Una percentuale estremamente alta, superiore persino, se venisse confermata, al 37% del 2012. In quell'anno però i riformisti avevano invitato la popolazione al boicottaggio delle elezioni, per protesta contro i presunti brogli che nel 2009 avevano portato alla riconferma dell'ultraconservatore Ahmadinejad, provocando moti nelle piazze, la cosiddetta 'Rivoluzione verdè, e la repressione sanguinosa da parte dei Pasdaran. Ora il clima apparentemente è diverso: nel 2012, oltre al nuovo Majlis, è stato eletto il presidente moderato Hassan Rohani, nel 2015 vi è stato l'accordo sul ridimensionamento del programma nucleare iraniano, a inizio 2016 la fine dell'embargo contro la Repubblica islamica e il rientro ufficiale di Teheran sulla scena internazionale. Stavolta tutti, anche se ciascuno con una propria agenda, invitano gli iraniani ad andare a votare.

Lo fa la guida Suprema, l'ayatollah Khamenei, che invoca un Parlamento in grado di sconfiggere i sempre ricorrenti «complotti statunitensi» e occidentali; si unisce il presidente Rohani, che ritiene sia finito invece il tempo di vedere dietro ad ogni angolo le interferenze di «obsolete potenze coloniali»; chiamano alle urne i conservatori-fondamentalisti, allineati sulle indicazioni di Khamenei, e, sul fronte opposto i riformisti-moderati, sostenitori di Rohani e decisi a non lasciare più la maggioranza del Parlamento ai loro avversari, come accaduto nel 2012. Nel suo sondaggio, l'Irib precisa che vi è una fetta di elettorato ancora indecisa se recarsi ai seggi oppure no, e la percentuale dell'astensione potrebbe attestarsi alla fine su un 30%. Sulla carta, il voto domanè di estrema importanza, perchè è la prima consultazione dopo l'accordo sul nucleare e potrebbe consentire al presidente Rohani di avere nel nuovo Majilis un alleato, anzichè un boicottatore, della politica intrapresa nei confronti dell'Occidente.

Molti tra coloro che non andranno a votare sottolineano però il ruolo ininfluente di un Parlamento dai poteri così limitati. I deputati possono approvare leggi, ma a decidere se sono costituzionali o meno è il Consiglio dei Guardiani, composto da 12 membri, 6 religiosi nominati direttamente dalla Guida Suprema e sei giuristi islamici nominati dal capo del potere giudiziario in Iran (a suo volta nominato dalla Guida Suprema). Il consiglio dei guardiani seleziona anche i candidati parlamentari. Su circa 12mila che avevano fatto domanda, ne erano passati alla fine oltre 6200, tra cui quasi 600 donne. Dopo le centinaia di rinunce, le autorità non hanno comunicato finora quale sarà la percentuale femminile tra gli aspiranti deputati.

Oggi si voterà anche per un altro organismo, l'Assemblea degli Esperti, in carica per 8 anni e composta da 86 membri, che avranno il compito di seguire le attività della Guida Suprema e di nominare il suo successore.
Qui il voto appare ancor più una formalità, in quanto di 801 candidati iniziali, ne sono rimasti in lizza - dopo la selezione del Consiglio dei Guardiani - 166, tra cui nessuna donna (pur essendoci 16 religiose aspiranti). In alcuni collegi ci sarà un unico candidato.
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