Termini, il pizzaiolo col fucile: nessuno mi ha fermato, potevo fare una strage

Luca Campanile
di Stefano De Angelis
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Mercoledì 27 Gennaio 2016, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio, 15:16

FROSINONE «Mi ero svegliato da poco e mia madre, all'improvviso, mi ha detto: ma quello in tv non sei tu? Vieni a vedere, corri!! Io, in quel momento, non riuscivo a capire a cosa si riferisse. Poi, non appena mi sono reso conto della situazione, ho deciso: devo andare dai carabinieri per spiegare. E mentre stavo per avviarmi, sono arrivati loro a casa».


È iniziata così la mattinata di ieri per Luca Campanile, 44 anni, originario di Anagni, in Ciociaria, dove abitano i suoi genitori, suo figlio minorenne, neanche dieci anni, e suo fratello. Luca è residente a Roma e da diversi anni lavora in una pizzeria nella zona di Casal dei Pazzi. L'altra sera, a sua insaputa, ha fatto scattare il protocollo di sicurezza nella Capitale. Il perché? In mano, tenuto verso il basso, aveva un fucile giocattolo, una riproduzione della mitragliatrice modello M16 con tanto di tappo rosso. Una finta arma, insomma. Ma è bastato per far attivare le forze dell'ordine, dalla Capitale fino alla Ciociaria.

Si aspettava che quel fucile giocattolo potesse generare questo allarme?
«Ma era un semplice regalo per il mio bambino. Un vicino di casa a Roma lo stava buttando, allora ho pensato di portarlo a mio figlio per farlo contento. Tutto qui. Non pensavo - aggiunge Luca - che si potesse creare tutta questa situazione, questo clamore, altrimenti non l'avrei preso». È il primo pomeriggio di ieri e Luca, pantaloni neri e giacca sul grigio, è appena rientrato a casa, ad Anagni, dopo che i carabinieri avevano svolto alcuni accertamenti. Appare un po' provato, ma, allo stesso tempo, anche rinfrancato perché le cose nel frattempo si sono chiarite.

Come aveva trascorso il lunedì?
«Dopo il lavoro, sono uscito di casa per andare da mio figlio. D'altronde, è quello che faccio ogni settimana. L'indomani sarebbe stato martedì, il mio giorno libero. Sono entrato in stazione con quel giocattolo in mano, ma durante il tragitto nessuno mi ha fermato. Poi sono salito sul treno».

Alla stazione Termini ha sentito urla o visto viaggiatori spaventati che si allontanavano di corsa?
«Io non mi sono accorto di nulla, non c'era gente che correva o gridava. Qualcuno avrà iniziato a farlo dopo che ero passato, ma io non mi sono reso conto di niente perché ero già sul treno. E poi in stazione nessuno mi ha chiesto dell'arma giocattolo: per arrivare ai binari devi mostrare il biglietto e il fucile lo avevo in mano, bene in vista. Solo una volta sul convoglio il controllore e un carabiniere hanno voluto verificare cosa stessi portando, mi hanno chiesto di mostrare il giocattolo. Poi ho proseguito il mio viaggio».

Che ne pensa di questa storia?
«Tanto clamore solo per aver portato un'arma giocattolo. Beh, sono diventato un po' famoso», ironizza. «Se fossi stato un terrorista ne avrei combinate di cotte e di crude. Credo che il sistema d'allarme non abbia funzionato molto bene».

Come si sente dopo questa giornata?
«Un po' frastornato».

I suoi genitori come l'hanno vissuta?
«Debbo dire che li ho trovati un po' preoccupati e anche arrabbiati». Dalle 9.30 circa del mattino di ieri fino a poco prima delle 13, dunque per qualche ora, insieme al suo legale Marco Stirpe del Foro di Frosinone, Luca era stato ascoltato dai carabinieri della Compagnia di Anagni, coordinati dal capitano Giovanni Camillo Meo. A loro aveva descritto l'arrivo in treno ad Anagni la sera precedente e aveva parlato di quel fucile giocattolo e del suo desiderio di far felice il suo piccolo.

Ora cosa porterà al suo bambino per renderlo felice?
«Il finto fucile è stato sequestrato dai carabinieri, i quali, però, hanno poi regalato a mio figlio un altro gioco. Non un'arma», racconta Luca. Si tratta di una battaglia navale elettronica, si saprà poi con il passare delle ore di una lunga giornata.

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