Cantone: «Anac, anno della svolta, più poteri su appalti, banche e Pa»

Cantone: «Anac, anno della svolta, più poteri su appalti, banche e Pa»
di Silvia Barocci
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- Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 08:21
La lieve flessione nelle irregolarità degli appalti registrata dalla Gdf? Un segnale «incoraggiante» ma che non basta perché «l’Italia ha bisogno di rimettere in campo un meccanismo di ripresa del settore». Per questo - dice Raffaele Cantone al Messaggero - il 2016 sarà «l’anno della riforma del codice degli appalti». Ma sarà anche l’anno della «svolta» per l’Autorità nazionale anticorruzione: il varo definitivo del testo ora al Senato darà ulteriori poteri all’Anac, che si andranno a sommare a quelli sugli arbitrati bancari e sull’accesso agli atti della Pa previsto dal decreto Madia sulla trasparenza.

Stando ai dati della Gdf, circa il 30% degli appalti controllati nel 2015 è irregolare, contro il 38% dello scorso anno. Che bilancio è per l’Anac?
«E' un dato moderatamente interessante, che sicuramente evidenzia un trend positivo che avevamo già riscontrato nel maggiore rispetto delle regole da parte delle stazioni appaltanti. Il fatto che siano aumentati i controlli della Gdf e che sia stata registrata una minima ripresa nel settore, sia pure limitatamente al Nord, è incoraggiante. Ma stiamo comunque parlando di numeri di irregolarità che restano significativi e da non sottovalutare, perché l'Italia ha bisogno di rimettere in campo un meccanismo di ripresa negli appalti. La necessità di riportarli nelle regole serve anche a rilanciare l'economia; aumenta i partecipi alle gare, e quindi, migliora la concorrenza, e consente di portare a termine i lavori, non lasciando cattedrali nel deserto».

 
Sembra che nel caso Expo la cura abbiamo funzionato. Tanto che l'Ocse ha proposto ai paesi che vi aderiscono di adottare il modello di cooperazione con Anac per Milano. La medicina sta funzionando anche per Roma o no?
«Mi lasci dire che l’indicazione Ocse è per noi una grande soddisfazione. Il ”modello Milano” lo abbiamo inventato grazie al supporto del piccolo gruppo della Gdf che lavora presso l'Anac. I controlli sono stati rigorosi e le irregolarità riscontrate sono stare sanate senza impedire la realizzazione dell’opera. Abbiamo poi esportato ed esteso questo istituto di vigilanza collaborativa ad un'altra ventina di stazioni appaltanti, tra cui le Regioni Lazio e Campania, che hanno chiesto volontariamente di sottoporsi agli stessi controlli dell'Expo».

E per il Giubileo? Roma ha meno anticorpi di Milano? O si riserva sulla prognosi?
«Il percorso è indubbiamente più complesso. La stazione appaltante di Roma è una macchina assai più complicata, che ha subito cambiamenti. Siamo comunque riusciti a bloccare in anticipo il primo degli appalti sospetti del Giubileo, aggiudicato a un imprenditore che il giorno dopo è stato arrestato per un'altra vicenda. Nonostante le difficoltà, anche a Roma il meccanismo va sempre più verso la trasparenza. Con tutti gli appalti del Giubileo, che non erano numericamente rilevanti, siamo in dirittura d’arrivo. Per il resto, con il comune di Roma continuiamo il protocollo di vigilanza collaborativa stipulato con Marino».

A metà gennaio è previsto che il Senato vari, in via definitiva, la riforma degli appalti, con due deleghe: una da esercitare entro aprile per recepire le direttive comunitarie, l’altra entro luglio per il nuovo codice degli appalti. Sarà il solito maquillage o un vero cambiamento?
«Sarà un grande cambiamento, molto profondo. La legge delega introduce novità rilevantissime, che prevede un meccanismo di semplificazione delle regole e la creazione di regole secondarie che vedranno l'Anac come ente regolatore».

Che significa? Più poteri all’Anac?
«Sì, sarà ampliato in modo significativo il potere dell’Autorità. Saremo non solo un organismo di vigilanza ma di regolazione dell’intero sistema degli appalti. E questa è la vera grande scommessa del codice. Ad esempio, il vecchio regolamento degli appalti sarà sostituito dalle linee guida che dovranno essere proposte dall’Anac e poi recepite dal ministro delle infrastrutture».

Più poteri in che senso? Deciderà la sorte delle stazioni appaltanti?
«Una delle grandi novità del codice è che non tutti potranno fare tutto. Non è pensabile, come è accaduto sino ad oggi, che un comune di 500 anime possa gestire appalti da un miliardo di euro. Ogni stazione appaltante dovrà avere background e competenze per poterlo fare. E il sistema di qualificazione della stazione appaltante spetterà all’Anac. Rafforzando le linee guida e la competenza di chi si occupa di appalti, si amplierà il meccanismo della discrezionalità: le amministrazioni e le stazioni appaltanti potranno d’ora innanzi interloquire col mercato. Con la legge del 2006 non era possibile e abbiamo visto tutti come sia andata a finire: non è servito a eliminare la corruzione nè a far ripartire gli appalti, ma ha solo ingessato ancor di più la macchina e ha aperto la strada alle deroghe».

Da quando è nata l’Anac non si fa altro che dire: più poteri a Cantone. Poi questi poteri, e anche di più, le vengono dati. Chiederà più mezzi, più risorse, più uomini?
«L'Anac nel giro di un anno si è posta come punto di riferimento di una serie di questioni e questo è per me una ragione di vanto e di soddisfazione. Ma non appartengo alla schiera di quelli che chiedono sistematicamente aumenti di risorse. Il 2016 sarà per noi un anno di svolta. Le novità che ci aspettano sono molte, dal nuovo codice degli appalti all’attuazione del decreto sulla trasparenza sulla Pa fino agli arbitrati. Una volta che saranno individuati con precisione i nostri poteri, verificheremo se sarà necessario rafforzare anche la struttura».

A proposito di arbitrati, siete pronti ad occuparvi anche di banche?
«Aspettiamo i decreti per organizzarci. Ne serve uno che fissi i pres[/FORZA-RIENTR]upposti per accedere all’ indennizzo, che non è un risarcimento, e un altro che stabilisca la procedura e individui le modalità di coinvolgimento della nostra camera arbitrale».
 
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