The Butler, la storia Usa riletta con gli occhi di un maggiordomo

The Butler, la storia Usa riletta con gli occhi di un maggiordomo
di Francesco Alò
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Venerdì 3 Gennaio 2014, 15:52 - Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 01:23
Se Giovanni Veronesi affrontava con L'ultima ruota del carro la Storia d'Italia dal 1960 al 2013 riletta attraverso le vicissitudini da eroe da romanzo marginale di Ernesto Marchetti, il collega nordamericano Lee Daniels (suo il tostissimo Precious) ripercorre la Storia degli Stati Uniti d'America dal 1926 all'elezione di Obama del 2008 attraverso la vita di Cecil Gaines, maggiordomo afroamericano presso la Casa Bianca. Dalle piantagioni di cotone iperviolente di inizio secolo non lontane dagli umori del Django di Tarantino (il piccolo Cecil assiste in diretta alla spregevole brutalità dei bianchi) al primo Presidente nero degli Usa, passando per Martin Luther King, un figlio massimalista che militerà nelle Black Panther, un Presidente più strambo dell'altro (Eisenhower è un vecchietto perbene, Nixon un imbroglione, Kennedy bravo ragazzo, Johnson volgarone, Reagan finto amicone), l'amore lungo e tormentato di una donna che a volte non capisce la sua abnegazione (bravissima la regina del talk show Oprah Winfrey) e la lenta, ma costante, ascesa sociale di un afroamericano che sogna di essere solo un sereno borghese capitalista come quei Jefferson della popolare sitcom anni '80. «Un maggiordomo alla Casa Bianca non vede niente, non sente niente, deve solo servire». E quindi ecco Cecil attraversare gli anni senza approfondire, senza metabolizzare, senza riflettere. E' troppo indaffarato a eseguire alla perfezione il suo lavoro, proprio come il maniacale Anthony Hopkins di Quel che resta del giorno. Sarà la Storia, attraverso un figlio che vuole combattere contro il razzismo (splendido litigio a cena nei '70 con Cecil che sbotta per la maleducazione di giovani neri), a obbligarlo a ricordare le ferite e guardarsi dentro. Sarà un cinema con la mano pesante, sarà una pellicola così netta da risultare scontata, ma il racconto procede che è una meraviglia, l'emozione è forte e il dramma lascia spesso spazio alla commedia (deliziosa la satira sui vari Presidenti). Forest Whitaker è un mostro di sensibilità e raffinatezza. Il suo Cecil è indimenticabile e i Gaines sono molto più significativi e struggenti dei Jefferson. Stranamente ignorato ai Golden Globe. Si rifarà, forse, con gli Oscar.
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