Il generale Prayuth Chan-Ocha si è autonominato capo del governo della Thailandia e ha convocato 155 politici dei diversi partiti (c’è l’arresto per chi non si presenta) compresa l’ex primo ministro Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin leader dall’esilio della fazione dei Rossi. Ma la vera incertezza regna tra la popolazione. Spiega una trentenne che vende cellulari in un grande centro commerciale: «Ormai qui tutto chiude alle 9 di sera, compreso il servizio di Skytrain e di metropolitana usato dai pendolari. La gente non sa davvero cosa potrà succedere e cosa sta avvenendo perché hanno sospeso le trasmissioni delle tv satellitari. Cosa facciamo? Restiamo a casa e preghiamo».
Le reazioni per strada sono di diverso tipo. Alcune donne di Bangkok hanno offerto si fiori ai soldati a sostegno del loro intervento. Su Twitter circola perfino una foto di un turista in bermuda in posa, con tanto di fucile, vicino ai soldati sorridenti schierati davanti a un centro commerciale. Ma una giornalista thailandese, con una ammirevole dose di coraggio, si è anche chiusa la bocca con il nastro adesivo, di fronte ai militari schierati per strada, per protestare contro la censura imposta dall’esercito. Vicino a Mbk (il grande centro commerciale famoso per un intero piano tutto dedicato a cellulari e tablet) c’è chi ha sfidato l’esercito esponendo uno striscione nero con scritto «Stop the coup», altre proteste pacifiche, a cui hanno partecipato centinaia di persone, sono state organizzate in altre zone della città, sfidando il divieto di riunirsi in più di cinque persone. Il timore è che un intervento dei militari possa avere effetti drammatici. E va sempre ricordato che c’è la minaccia di una reazione da parte delle «camicie rosse», fedeli al governo deposto e protagonisti delle proteste del 2010 che provocarono l’intervento dell’esercito (il bilancio fu di 91 morti).
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