Panetta (Bankitalia): «La stabilià finanziaria ha bisogno di crescita»

Panetta (Bankitalia): «La stabilià finanziaria ha bisogno di crescita»
di Rosario Dimito
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Lunedì 22 Dicembre 2014, 16:12 - Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 08:55
Direttore Fabio Panetta, la seconda asta Tltro ha deluso. Le banche europee hanno chiesto alla Bce molte meno risorse di quanto si sperava: prende quota l’avvio del Quantitative easing?

«Per rispettare il suo mandato, in questa fase la Bce deve evitare il protrarsi dell’attuale situazione di inflazione troppo bassa e contrastare i rischi di deflazione. Dato che i tassi ufficiali sono ormai vicini allo zero, il consiglio direttivo ha deciso di utilizzare l’unico strumento a sua disposizione per fornire un ulteriore stimolo espansivo all’economia europea, ossia aumentare la dimensione del bilancio della banca centrale. Il presidente Draghi e il governatore Visco hanno spiegato i vantaggi di una tale politica al fine di superare la difficile congiuntura. Hanno anche avvertito dei rischi che emergerebbero per la stabilità economica e finanziaria dell’area dell’euro se la Bce non adottasse con tempestività le misure necessarie».



Decisione perciò inevitabile?

«La valutazione sarà effettuata dal consiglio direttivo a gennaio, ma ritengo che alla luce degli andamenti dell’economia e dell’esito delle Tltro sia inevitabile modificare dimensione, composizione e tempi degli interventi. E ritengo anche difficile che il necessario aumento della dimensione di bilancio possa essere raggiunto senza considerare acquisti di titoli su larga scala, anche di titoli pubblici».

Sul Qe peserà più la crisi greca o la deflazione?

«Le decisioni di politica monetaria della Bce non sono guidate dalla situazione di un singolo Paese. Ma l’impegno a preservare la stabilità dei prezzi è più che sufficiente per perseguire con determinazione l’espansione di bilancio. L’inflazione è troppo bassa e i rischi di deflazione sono concreti, senza contare la possibilità che il crollo del prezzo del petrolio influenzi ancor più al ribasso le aspettative sulle variazioni dei prezzi. Bce non può non adempiere al proprio mandato, che in questa fase va interpretato in modo ristretto».



Che cosa vuol dire ristretto?

«Significa, con un’inflazione prossima allo zero, agire con tempestività e decisione, evitando che altre considerazioni – specie se legate a fattori nazionali – distolgano la politica monetaria dal suo obiettivo».



Si sostiene che l'esito del test Bce sulle banche abbia rivelato un'attività ispettiva di Bankitalia poco incisiva. Che ne pensa?

«Le valutazioni positive sui risultati dell’esercizio per le banche italiane sono state di gran lunga più numerose rispetto alle critiche, spesso superficiali. Il risultato principale è che l’Asset quality review (Aqr) è stato superato da tutte le banche italiane; ciò grazie all’azione della Banca d’Italia, che negli anni scorsi le ha spinte ad adeguare accantonamenti e capitale a fronte dell’aumento dei rischi creditizi».

Come si spiegano le ingenti rettifiche di valore in confronto con le banche estere?

«Certo, sono state imposte rettifiche al valore degli attivi delle banche, ma non solo in Italia: se da noi le rettifiche sono state pari a 12 miliardi, in tutta l'area sono ammontate a 47,5 miliardi. Si tenga inoltre conto del fatto che si è deciso di usare una tantum metodi di valutazione diversi da quelli seguiti nell'attività di vigilanza e si è fatto ricorso a criteri non in linea con le regole contabili. Infine, l’esercizio si è concentrato sul credito, che è l’attività prevalente delle nostre banche. Nel complesso, l’esercizio Bce ha di fatto confermato che il nostro sistema bancario – con un sostegno minimo da parte dello Stato, soprattutto in confronto agli altri paesi – ha retto bene all’urto della terribile sequenza di eventi gravi. Ma questa resistenza non sarà eterna: senza crescita sarà difficile preservare la stabilità dei nostri intermediari, chiunque sia responsabile della vigilanza».



L’esame globale è stato definito un esercizio senza valore contabile. Ora Bce chiede di considerare, nei conti 2014, dei risultati dell’Aqr, cioè altri accantonamenti: non è una contraddizione?

«L’Aqr è stato un esercizio prudenziale, e perciò privo di riflessi contabili sui bilanci. Ma in alcuni casi le banche, di loro iniziativa, hanno già recepito parte dei risultati. In una fase in cui i mercati vogliono essere rassicurati sulla capacità delle banche di far fronte all’accresciuto rischio di credito, non ci si deve stupire né di questo né del fatto che le autorità spingano affinché le banche tengano il più possibile conto nei bilanci dei risultati dell’Aqr. Nei prossimi giorni gruppi congiunti di vigilanza sulle banche italiane (Bce e Banca d’Italia) esamineranno la situazione e avvieranno un confronto con le singole banche, con spirito costruttivo e collaborativo».



Più rettifiche meno capitale, meno soldi alle imprese?

«Questo è il problema fondamentale dell’attuale congiuntura. Non va dimenticato che il primo obiettivo del Meccanismo unico di vigilanza e dello stesso esercizio di valutazione europeo è accrescere la disponibilità di finanziamenti a famiglie e imprese, per sostenere ripresa produttiva e occupazione. E’ vero, se non giustificate le richieste di capitale o di nuovi accantonamenti possono avere effetti dannosi sull’offerta di credito. Ma laddove necessario, l’aumento delle rettifiche su crediti può invece accrescere la trasparenza e la percezione della solidità, rendendo più agevole meno costosa la raccolta, facilitando prestiti a basso costo».



Bce boccia la governance delle popolari si va verso la spa?

«Il problema di una governance adeguata per le banche popolari di maggiore dimensione è stato sollevato dalla Banca d’Italia da tempo. Ostacoli al reperimento di capitale sono, nel contesto che si va delineando, sempre meno sostenibili. Continueremo a sollecitare queste banche perché introducano tutte le misure necessarie per accrescere la capacità di reperire risorse e per divenire più attraenti agli occhi degli investitori».



Bankitalia sarebbe felice se Mps andasse a nozze: lo sarebbe anche se il partner fosse estero?

«Partiamo da due fatti. In primo luogo, il mercato bancario europeo sarà sempre più integrato e aperto oltre i confini nazionali e quindi destinato a operare in un regime di concorrenza crescente. In secondo luogo, le precedenti esperienze di acquisizione di intermediari italiani da parte di primarie banche estere hanno dato risultati positivi. Preclusioni sulla nazionalità dei soggetti che possono essere interessati a un’aggregazione con Mps sarebbero quindi anacronistiche e controproducenti.

Le uniche condizioni rilevanti per una valutazione delle possibili operazioni di concentrazione riguardano la capacità di assicurare la sana e prudente gestione della banca e la possibilità di garantire una adeguata disponibilità di credito a famiglie e imprese,. Il piano di adeguamento patrimoniale di Mps recentemente approvato pone la banca nelle condizioni di valutare a fondo tutte le opzioni strategiche disponibili».