Il problema dei nomadi non si risolve solo a parole

di Paolo Graldi
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Giovedì 10 Aprile 2014, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 08:42
No, nomadi no. Ignoranti questi romani, anzi, anche un po’ razzisti, incapaci di sentire il palpito solidale della integrazione. Cos tuon il sindaco Marino.



L’ultima del nostro primo cittadino è racchiusa in una circolare con tanto di bolli: mai più scrivere “nomadi” negli atti della amministrazione comunale. E come chiamarli, allora? Facile: “comunità rom, sinti e caminanti”, sono i termini esatti da utilizzare poiché, testuale, “anche la proprietà terminologica può essere indice e strumento culturale per esprimere lo spessore di conoscenza degli ambiti su cui si è chiamati a intervenire”. Dio come scrive bene questo sindaco, alte ispirazioni, nobili aspirazioni e nostre inspirazioni su “un atto simbolico per il superamento di ogni forma di discriminazione”.



Marino docet: dopo lo scivolone per aver nominato un comandante dei vigili senza che avesse i necessari requisiti, dopo le burrasche in Consiglio sul Bilancio e le polemiche col Governo sul “Salva Roma”, per tacere dei danni dei temporali di tre mesi fa (Panoramica, via Cassia, Olimpica con le frane mai rimosse e l’ira permanente per il traffico strangolato), l’invasione fuori controllo nel centro storico dei “vu cumprà”, il sindaco impartisce ora (ma dove lo trova il tempo?) lezioni di semantica. Grazie, sindaco, ma il problema dei nomadi, anzi dei caminanti, dei rom e dei sinti non è linguistico. E’ antico, costoso e colpevolmente irrisolto.



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