Con gli occhi di Ida, la suora ebrea: i fantasmi della storia in un film magistrale

Agata Trzebuchowska in "Ida"
di Fabio Ferzetti
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Giovedì 13 Marzo 2014, 15:44 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 19:22
​Due donne che si conoscono appena partono per un viaggio che finir per avvicinarle mettendole al tempo stesso di fronte a una rivelazione terribile. A raccontarlo così il bellissimo Ida, terzo film di un grande talento polacco cresciuto fra Germania, Italia e Inghilterra, potrebbe essere un noir anni 40, uno di quei gialli senza soluzione in cui le colpe e i sospetti tornano dal passato per addensarsi in un bianco e nero sfavillante e funesto.

Ma Ida non è un noir, è una storia ambientata nella Polonia del 1962, scandita da inquadrature sorprendenti e inventive. E i fantasmi che perseguitano le protagoniste, una giovane che sta per prendere i voti e la zia che non sapeva di avere, non vengono dalla loro psiche. Vengono da un passato recente ma in gran parte ignoto che quelle due donne così diverse affronteranno insieme. Con reazioni molto diverse, esplorate in tutta la loro profondità dal sensibilissimo bianco e nero di Pawlikowski.

Ida infatti, che all’inizio si chiama Anna, è un’orfana cresciuta nel rigore del convento. Prima che prenda i voti la madre superiora la spedisce in città a conoscere l’unica parente che le sia rimasta. Ma quella bella donna matura che fuma, beve e dorme con uomini sempre diversi, non è solo sua zia. È anche un magistrato di ferro che sotto Stalin ha processato e spesso giustiziato decine di “nemici del popolo”senza ombra di rimorso (il personaggio si ispira a un’esule che il regista conobbe a Oxford negli anni 80).

Eppure sarà «Wanda la sanguinaria» a dire a Ida il suo vero nome, a mostrarle le foto di famiglia. E a rivelarle che è ebrea. Già: la madre della piccola novizia ignara era ebrea, è scomparsa durante la guerra in circostanze misteriose, le stesse grazie a cui Ida si è salvata, forse. Così Wanda, con tutta la sua vita addosso, e Ida, con l’innocenza dei suoi occhi mobilissimi, partono per far luce su quel passato. Imbarcandosi in una ricerca tormentosa. Ma anche percorsa da lampi di luce (un giovane sassofonista jazz, l’apparizione improvvisa del piacere, il miraggio di un’altra vita scandito anche dalle note di Buscaglione e Celentano) che rendono ancora più denso ed emozionante questo doppio viaggio iniziatico. Capace di calare dentro al tribunale affollato della Storia il teatro invisibile e inesorabile dell’anima.
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