Io l’ho incontrato Fausto Coppi. Grazie a mio padre. Non certo durante una gara, mi ci portava mio padre, ma gi quando uscivamo di casa sapevamo che avremmo visto poco, o nulla.
Ci mettevamo sul ciglio della strada un’ora prima, aspettavamo la sfilata delle macchine pubblicitarie - ricordo quella della Binaca che sembrava un enorme tubo di dentifricio - e finalmente arrivavano i ciclisti. Sfrecciavano davanti in una manciata di secondi... Ma Coppi riuscii a vederlo: durante una punzonatura. Provai una fitta la cuore, una delusione cocente. Ma come? Nelle figurine era bello come un dio, imponente. Quello che avevo di fronte invece era un uomo brutto, ossuto, con un grande naso. Ma mio padre Carlo lo trovava bello anche da vicino: «E’ Fausto Coppi, Alberto, il campionissimo, non può essere brutto».
CONTINUA A LEGGERE SUL MESSAGGERO DIGITAL