Baby squillo e lolite, quel limite tra voyerismo e racconto della società

di Paolo Graldi
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Giovedì 10 Luglio 2014, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 08:11
appena iniziata ma gi insegna molte cose la storiaccia dei safari hard con ragazzine in cerca di facili luci della ribalta, protagonista Furio Fusco: «adescamento di minori, pedopornografia e prostituzione minorile», per dirla con l’ordine di cattura. Nato da una costola dell’inchiesta sulle baby squillo dei Parioli, questo filone d’indagine ci racconta di un orco all’apparenza gentile, con gli obiettivi fotografici sempre pronti, attratto dal nudo integrale e dalle pose proibite, in cambio di mirabolanti promesse di successo. Attirate nella rete delle lusinghe, ma anche desiderose di bruciare le tappe, le fanciulle hanno disvelato i segreti di quello sporco atelier. Migliaia di foto sono finite in Procura assieme alla trascrizione di colloqui senza doppi sensi: «Se i nudi non ti piacciono, mi dispiace, non faccio per te». Materiale istruttivo per capire come girano certi ambienti, utile per educatori e genitori, magari distratti o compiacenti, obbligatoriamente interessante per i giornali. Ora il garante per la Privacy alza la voce contro chi «ha riportato dettagli e particolari eccessivi»: raccomandazioni sacrosante, ma solo per chi trasforma «la informazione in voyerismo». Assai meno congrue per chi utilizza il diritto di cronaca senza morbosità, descrivendo fatti-fenomeno che sono la spia di un mutamento di rilevanti ambiti della società. Il limite invalicabile, là dove c’è, va rispettato e tuttavia diventa vuoto e vacuo moralismo se pretende di mettere benda e mordacchia a vicende il cui racconto serve a capire ed è anche campanello d’allarme. Voyerismo no, vederci chiaro sì.



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