Campi Flegrei, l'ultima eruzione del 1538: la deformazione del suolo durò 150 anni

foto

Lo spostamento di magma prima dell'ultima eruzione del 1538 nella caldera dei Campi Flegrei è stato eccezionalmente monitorato utilizzando dati storici, archeologici e geologici. I vulcanologi dell'INGV in collaborazione con l'università di Roma tre hanno esteso questa serie di dati fino al 1650 per scoprire eventuali trasferimenti di magma durante la subsidenza post-eruttiva (il fenomeno di abbassamento del suolo). I risultati mostrano due fasi di subsidenza post-eruttiva, separate da un sollevamento precedentemente non documentato durante il 1540-1582. Lo dimostra uno studio dei vulcanologi INGV in collaborazione con Roma tre e firmato da Elisa Trasatti, Carmine Magri, Valerio Acocella, Carlo Del Gaudio, Ciro Ricco, Mauro A. Di Vito. 

Il sollevamento evidenzia la pressurizzazione delle sorgenti pre-eruttive centrali (circa 3,5 km di profondità) e periferiche (circa 1 km di profondità), suggerendo un'eruzione interrotta. Gli eventi di subsidenza richiedono principalmente la depressurizzazione della sorgente centrale e la pressurizzazione di uno strato magmatico più profondo (circa 8 km di profondità). Pertanto, nonostante la deflazione post-eruttiva complessiva, dopo il 1538 il serbatoio più profondo ha sperimentato un continuo rifornimento di magma, con magma quasi in eruzione tra il 1540 e il 1582, sfidando l'ipotesi comune di deflazione post-eruttiva. Ciò sottolinea l'importanza di monitorare i sistemi magmatici più profondi, anche dopo le eruzioni, per valutare correttamente il loro potenziale eruttivo.