Michael Jackson, ecco il libro con i segreti del Re del Pop

Michael Jackson, ecco il libro con i segreti del Re del Pop
di Simona Orlando
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Giovedì 1 Novembre 2012, 14:33 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 10:54

ROMA - Michael Bush l’uomo che ha vestito Michael Jackson per venticinque anni. Per ogni cerimonia, per i video, per i tour di Bad, Dangerous, History e parte dell’ultimo This is it. Il 5 novembre fa un’unica tappa in Italia, all’Hard Rock Caf di Roma (ore 18), per incontrare i fan del Re del Pop , mostrare alcuni abiti da lui indossati, e dare l’anteprima del libro The King of Style, che contiene foto e storie inedite dell’artista, non solo del suo guardaroba. Dato l’evento (solo poche copie in vendita, il volume esce nel 2013 e si può ordinare su www.dressingmichaeljackson.com) e la folla che Jackson sa richiamare, sono già state prese le opportune misure per garantire l’ordine in via Veneto.

Il gusto estetico di Jackson era singolare e riconoscibile quanto il suo stile musicale. Dal racconto emerge che i suoi vestiti opulenti, bizzarri, al limite del capriccioso, nascondevano profondità e complessità insospettabili. C’era l’impatto scenico, certamente. La ricerca ossessiva dell’originalità («Voglio che la moda copi me e non il contrario. Il mio look deve essere me stesso» diceva).

C’era attenzione all’aspetto pratico, per cui ogni indumento era pensato innanzitutto per un ballerino e per una celebrità che non doveva essere afferrata dal pubblico (niente frange o cravatte). Michael ballava almeno sei ore al giorno e in tour perdeva molto peso, perciò i costumi per i numeri finali dello show dovevano essere di taglia più piccola rispetto a quelli in apertura. C’era il lato giocoso: le giacche che si accendevano, le scarpe brevettate per sfidare le leggi della gravità in Smooth Criminal.

Jackson costringeva gli stilisti a diventare inventori e maghi, a riconcepire gli oggetti (tutori, cerotti, ginocchiere, forchette e coltelli), e tra le pagine spiccano anche le sue intuizioni di marketing: i calzini bianchi sotto i mocassini neri potevano essere un orrore, invece lui ci applicò i cristalli e alzò i pantaloni per far cadere l’occhio sui piedi che scivolavano nel Moonwalker. La mise diventò un must.

Bush inoltre ci tiene a spiegare il retroscena culturale, le passioni di Jackson: circo Barnum e illusionismo, la storia militare inglese, Michelangelo, Rinascimento e arte egizia, i movimenti underground di New York e Londra.

Gli abiti rispecchiavano un uomo pieno di paradossi: indossava divise simbolo di autorità e ci metteva o sopra borchie o sotto t-shirts strappate per richiamare alla ribellione. E a questo punto spunta la dimensione umana: un Michael burlone, enigmista che sollecitava le menti di chi lavorava con lui con indovinelli, e che rideva sempre. Fuori di scena, un tipo casual, lavoratore infaticabile che dormiva a terra negli studi di registrazione, e disordinato, con sempre qualcosa fuori posto: un calzino spaiato, una macchia sui pantaloni.

Bush non dimentica qualche sua mania: nessuno poteva toccargli le scarpe. Non si dovevano pulire perché la pelle avrebbe perso la forma presa ballando. E quelle scarpe erano i mocassini Florsheim, con cui da solo, da bambino, aveva imparato a danzare davanti alla lavatrice. Altro paradosso: si potevano maneggiare le giacche con 18 carati d’oro, ma le scarpe proprio no. E così, per la paranoia di compromettere lo spettacolo, Bush dormiva con un paio di mocassini di riserva sotto il cuscino.

Il libro termina con la sua ultima incresciosa commissione del 2009. La famiglia Jackson lo chiamò per vestire un morto. Solo lui poteva sapere cosa avrebbe voluto indossare Michael. Un giorno gli aveva detto: «Non il guanto bianco, è solo per Billie Jean». Dunque prese la sua giacca preferita, quella bianca di perle usata ai Grammy del ’93, sul cuore una spilla a croce, in mano gli inseparabili occhiali da aviatore. E, ai piedi, i mocassini non lucidati.

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