Toyota Mirai, il domani è arrivato

Toyota Mirai, alla guida del futuro:
la rivoluzione a idrogeno è già qui

di Nicola Desiderio
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NEW YORK – Il futuro in Giapponese si dice Mirai e per un giorno anche a New York, dove abbiamo avuto occasione di avere un breve assaggio dell’auto a idrogeno con la quale Toyota intende dare il secondo strattone alla storia dell’automobile dopo l’ibrido.
La frontiera è quella. Non solo quella dell’alimentazione e del rispetto ambientale, ma anche quella del New Jersey. La 12th Avenue costeggia il fiume Hudson, che divide lo stato di New York dal suo limitrofo, e il traffico che sbuca dal perfetto reticolo di strade che si snoda tra i grattacieli di Manhattan è di quelli che farebbero rimanere a casa anche un galeotto appena uscito dalla galera, ma sono proprio queste le metropoli dove, più di qualsiasi altro posto, è necessario sperimentare nuove forme di mobilità.


L’appuntamento è con un uomo di Toyota Motor Sales, accento californiano di chi viene dal quartier generale per il quale la casa madre ha però già deciso lo spostamento: destinazione Texas per l’estate del 2016. Non è esattamente una passeggiata, ma lo sbarco sulle coste è già avvenuto da tempo ed è ora di raggiungere una posizione più centrale nel Continente Nordamericano, più vicina ai mercati e alle fabbriche che Toyota ha prevalentemente nel Sud degli Stati Uniti e gli consentono di essere il terzo costruttore per vendite negli USA.

Disegnata dall’acqua. La Mirai non può certo spiccare per i suoi 4,89 metri di lunghezza in una nazione dove le auto giganti sono di casa, ma per le sue forme sì. Il suo stile mira a mescolare l’aria e l’acqua replicando in un certo senso quel che avviene al suo interno: l’idrogeno si incontra con l’ossigeno contenuto nell’aria all’interno dello stack di celle a combustibile generando energia elettrica e acqua in forma di vapore. L’auto a idrogeno è infatti un’auto elettrica che non ha bisogno della batteria e non soffre i limiti che oggi le auto elettriche scontano legati proprio a questo componente. La batteria c’è anche in un’auto a idrogeno, ma serve solo a fare da tampone, compensando la pausa che c’è tra il comando dato all’acceleratore e l’erogazione di energia all’interno dello stack, e a recuperare in ogni caso l’energia cinetica in rilascio, così come fanno le ibride.

I maestri dell’elettrificazione. Molta dell’esperienza Toyota nell’ibrido è stata trasferita nella Mirai, in modo visibile e invisibile. La batteria, ad esempio, sfrutta la stessa tecnologia Ni-Mh, che non è quella più costosa e avanzata degli ioni di litio, ma offre affidabilità pressoché assoluta, ed eroga corrente innalzata a 650 Volt da un inverter prima di andare ad alimentare il motore da 113 kW e 335 Nm. Lo stack eroga 114 kW, solo uno in più, ed è il cuore del sistema. Da record la densità di 3,1 kW/litro: vuol dire che è grande come una valigetta da portare a mano in aereo e in più ha una struttura interna che gli fa fare a meno dell’umidificatore per evitare il ristagno dell’acqua prodotta dalla reazione idrogeno-ossigeno. Due i serbatoi per l’idrogeno, stipato a ben 700 bar: uno da 60 litri sotto i sedili posteriori e l’altro da 62,4 litri sotto il vano di carico, accanto alla batteria, piazzata in piedi dietro allo schienale. Nel vano anteriore ci sono il motore elettrico e l’elettronica di controllo, sotto i sedili anteriori c’è lo stack.

Normalmente avanzata. Lo stile esterno si ritrova pari pari per la plancia, che sembra il mare ideale per i surfisti. La parte centrale sembra un’onda che viene da destra mentre dietro i profili metallici creano l’illusione che dietro ve ne sia un’altra che si è appena infranta. I comandi della climatizzazione sono elettrostatici, come quelli della Lexus IS, come sulla Prius il selettore per la marcia è a joystick sulla consolle e la strumentazione è centrale. Più complessa però la visualizzazione dei flussi di energia: non vi sono infatti soltanto quelli relativi a motore, ruote e batteria, ma anche quelli che riguardano le celle a combustibile. La sensazione di qualità è notevole, così come quella di normalità relativa al resto della vettura che crea un sentimento contrastante: da un lato la sensazione che un’auto così innovativa meritasse un guizzo in più, dall’altro la consapevolezza che chiunque salga sulla Mirai non abbia neppure il sospetto di stare su un semiprototipo. L’abitacolo è per 4 dunque, dietro si sta solo in due e con un buon comfort, soprattutto considerando che sotto i piedi c’è lo stack e alle spalle la batteria.

Autonoma per carattere. L’avviamento e a pulsante, il silenzio è assoluto. Vediamo cosa succede quando si preme l’acceleratore e dovrà partire il compressore per pompare aria nello stack. Per ora non si può e si marcia a passo d’uomo, in un silenzio reso ancora più irreale dall’isolamento acustico. Con tanta roba sotto e i cristalli doppi il traffico di New York rimane fuori. Un paio di isolati, poi giriamo a destra e abbiamo qualche centinaio di metri per premere l’acceleratore. Ecco il compressore, ma ha un rumore davvero sommesso e sul visore si accendono i flussi di H2 e O2. L’accelerazione è immediata, ma si sente che la Mirai non è un fuscello (1.850 kg) però la sensazione di correre su un’onda di vapore acqueo rende tutto più leggero. Forse il dato più impressionante è l’autonomia: il display indica 439 miglia, ovvero 706 km. Vero è che siamo in città, dove la propulsione elettrica trova il suo terreno di elezione, ma è altrettanto vero che sono tutti a emissione zero e i serbatoi non sono neppure completamente pieni.

L’altra grande scommessa. Un altro paio di isolati vissuti dentro il futuro prossimo e stiamo per fare ritorno al punto di partenza. È stato breve per le distanze, non tanto per il tempo, ma indubbiamente intenso. La Mirai regala una sensazione di “auto vera” che fa riflettere. Il prezzo? In Germania (primo mercato con Regno Unito e Danimarca ad accoglierla in Europa) 66mila euro più tasse ovvero 80mila euro, ma siamo solo agli inizi e, pensando che in 10 anni sono stati abbattuti di 10 volte, c’è la ragionevole speranza che si possa fare meglio. Tra l’altro, la richiesta del mercato giapponese è andata ben oltre le aspettative e la Toyota ha già rivisto i piani produttivi mentre supporta la costruzione di infrastrutture di produzione e distribuzione dell’idrogeno insieme ad altri costruttori che hanno già pronte le loro auto come Hyundai, Mercedes e anche Honda che darà seguito alla sperimentazione messa in atto con la FCX Clarity. L’auto a idrogeno è pronta. Il resto no.

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Sabato 2 Maggio 2015 - Ultimo aggiornamento: 09-05-2015 07:57