La triste esistenza dello zibetto, rimpinzato di bacche per "produrre" un caffè da 1000 dollari

La triste esistenza dello zibetto, rimpinzato di bacche per "produrre" un caffè da 1000 dollari
di Stefano Ardito
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Lunedì 4 Agosto 2014, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 7 Agosto, 16:17

Molti tra i cibi pi bizzarri del mondo arrivano dall’Asia. In bahasa, la lingua dell’Indonesia, kopisignifica caff, e luwak il nome dello zibetto delle palme, un mammifero che vive sugli alberi, si sposta di notte, si nutre di frutta, roditori e insetti, può raggiungere il mezzo metro di lunghezza e i tre chili di peso.

Il kopi luwak, però, è una bevanda sorprendente. Due secoli fa agli indigeni di Sumatra e di Giava, quando l’Indonesia era una colonia olandese, era vietato prepararsi un caffè con le bacche raccolte dalle piante. Così, nelle piantagioni e nei boschi, iniziarono a raccogliere le bacche ingoiate dalluwak, lo zibetto delle palme, che avevano traversato lo stomaco e l’intestino dell’animale, e che erano finite nei suoi escrementi.

Oggi, anche se a qualcuno può sembrare sorprendente (e ad altri francamente schifoso), il caffè semi-digerito dallo zibetto è diventato una bevanda rara e preziosa. Massimo Marcone, un ricercatore dell’Università di Guelph, nell’Ontario, ha spiegato scientificamente il fenomeno.

IL SAPORE

Molti esperti di caffè hanno scritto che il kopi luwak è più dolce, più morbido, più profumato di ogni altro tipo di questa bevanda. Negli Stati Uniti, in Europa o in Giappone, un chilo di kopi luwak può costare fino a 1000 dollari, e una tazzina della bevanda fino a 70. Ai produttori, un chilo viene pagato 15 dollari, dieci volte il prezzo del caffè normale. E questo induce in tentazione qualcuno. «La famiglia dei viverridi, cui appartiene lo zibetto delle palme, comprende decine di specie. La civetta (o zibetto) africana, che ho studiato in Gabon, in Nigeria, nelle tre Guinee e in altri Paesi non viene disturbata dall’uomo», spiega Andrea Ghiurghi, zoologo romano dell’Uicn, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Le cose sono diverse in Indonesia, nelle Filippine, a Timor Est e in Vietnam, dove gli zibetti vengono catturati, rinchiusi in piccole gabbie, rimpinzati di bacche di caffè senza ricevere nessun altro cibo. «Gli animali impazziscono in gabbia, arrivano a perdere il pelo. Il pubblico deve sapere che decine di migliaia di zibetti sono tenuti così. Se lo sapessero lascerebbero perdere il caffè» spiega Chris Shepherd della ong Traffic South-East Asia.

Per ironia della sorte, la persecuzione dello zibetto asiatico per ottenere il kopi luwak è iniziata mentre iniziava a calare quella della civetta africana per ricavarne un’essenza usata nella produzione del profumo. Oggi la sostanza è sostituita da essenze sintetiche, ma qualche migliaio di animali vive ancora in allevamenti in Etiopia e a Zanzibar. Se si pensa che ogni animale secerne pochi grammi ogni settimana, fa impressione scoprire che negli anni Trenta la produzione mondiale era di 2500 chili ogni anno.

LE PROTESTE

La Peta (People for the Ethical Treatment of Animals) la più grande organizzazione per i diritti degli animali del mondo, che ha tre milioni di iscritti e testimonial come Kevin Spacey e James Cameron, chiede un divieto assoluto di produrre il kopi luwak. In Gran Bretagna lo scrittore e blogger Tony Wild, insieme a vari gruppi ambientalisti, ha ottenuto che i grandi magazzini Harrods togliessero questo caffè dagli scaffali. Catene di hotel cinque stelle come i Four Seasons e i The Mandarin lo hanno eliminato dai menu.

LA PRODUZIONE

Ma la storia non è ancora finita. Da un paio d’anni il trentasettenne imprenditore inglese Matthew Ross, ex-banchiere di Goldman Sachs, ha lanciato il kopi luwak ecosostenibile. Quello di Sijahtra, l’azienda di Ross con sede a Hong Kong, è prodotto solo con i chicchi degli zibetti liberi, che i contadini di Sumatra raccolgono uno alla volta nella foresta. Fa lo stesso la Bespoke, dell’ex-mercante di diamante Richard Hardwick e dell’indonesiano Ade Makmursyah. Per assaggiare il loro kopi luwak “buono” si spendono 50.000 dollari al chilo, oppure 50 a tazzina. Propone una soluzione diversa Blake Dinkin, un imprenditore canadese che si occupa del recupero di elefanti feriti in Thailandia. La sua Black Ivory Coffee, ogni anno, vende 200 chili di caffè a 1500 dollari al chilo, o a 50 dollari a tazza. «Ha un sapore simile al tè, con note di malto, cioccolata e spezie, senza l’amaro del caffè» dice Dinkin. La tecnica per produrlo è la stessa del kopi luwak.

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