La Jeep Renegade in versione Trailhawh

Italian Jeep: arriva la Renegade,
il Suv dei due mondi

di Giorgio Ursicino
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BALOCCO - L’Italia l’ha “salvata” già una volta. Anche i più giovani sanno che le truppe americane che liberavano le città italiane durante i tristi giorni della Seconda Guerra Mondiale viaggiavano a bordo della Jeep.


Era la piccola Willys, diventò amatissima degli italiani e molte restarono nella Penisola curate e coccolate. Oltre sette decenni dopo Jeep incrocia di nuovo i destini con il Belpaese. Lo scenario è diverso, ma anche questa avventura è molto intrigante. L’azienda di Toledo fa parte del gruppo Chrysler che a sua volta è una parte rilevante di FCA, il nascente gigante che prenderà il posto di Fiat. «Questo è il primo esempio di un impegno internazionale di rilancio che comincia dai siti produttivi italiani - ha spiegato l’ad del Lingotto Sergio Marchionne davanti alla nuova Renegade - con questo modello in futuro andremo altrove perché se puntassimo sull’Europa non si andrebbe mai avanti».

Il Suv compatto è carico di contenuti, ma anche di significati. Diventa il simbolo almeno da questa parte dell’Atlantico dell’integrazione ormai molto avanti di Torino ed Auburn Hills e, cosa altrettanto importante, è un’ulteriore conferma che la strategia del Gruppo per salvare e rilanciare gli stabilimenti italiani può funzionare, come è già successo con la Maserati e come dovrà necessariamente avvenire anche con l’Alfa. L’Europa è un mercato in difficoltà e molto saturo, è parecchio difficile piazzare volumi produttivi di rilievo e conquistare quote di mercato.

I nuovi modelli che la nuova Fiat vuole produrre, quindi, dovranno andare a cercare fortuna e gloria in paesi lontani, attraversando anche gli oceani. E quale migliore biglietto da visita se non la griffe Jeep, una delle più note, rassicuranti ed apprezzate del mondo? «Sarà in vendita in oltre cento paesi - ha spiegato Mike Manley, il numero uno mondiale del marchio americano - Renegade arriva in un momento magico per noi e ci darà ulteriore impulso per crescere ancora, per portare avanti l’ambizioso piano voluto dal nostro Ceo Sergio Marchionne».

Sembra ormai a portata l’ambiziosissimo obiettivo di superare già quest’anno il milione di esemplari venduti (nel 2013 furono poco più di 700 mila, già a maggio le consegne hanno superato le 100 mila unita in un mese e ad agosto sono cresciute del 49% rispetto allo scorso anno). Certo è arrivata la nuova Cherokee che è andata benissimo in America e sta andando bene in tutti i continenti, ma ancora non incide sulle performance la Renegade che certamente darà il suo valido contributo per centrare il target 2018 fissato da Marchionne che prevede di arrivare a 1,9 milioni, quasi il triplo del 2013.

«Siamo il brand che ha inventato i Suv e ne siamo rimasti a lungo leader, la Cherokee è stato il primo con la scocca portante ha concluso Manley - poi nel 2009 eravamo scesi al sesto posto nella classifica delle vendite, ma ora possiamo annunciare che ci siamo ripresi la leadership». Renegade effettivamente è un perfetto esempio della collaborazione italo-americana, ma non è certamente l’unico. Come prevedeva l’accordo fatto dal Lingotto con l’amministrazione Usa, Fiat doveva fornire tecnologia per acquisire quote di capitale e importanti vetture americane come la Dodge Dart, la Chrysler 200 e, soprattutto, la Jeep Cherokee utilizzano la piattaforma tricolore (quella della Giulietta) opportunamente sviluppata dagli ingegneri Usa (la stessa base è utilizzata anche per la Fiat Viaggio prodotta e veduta in Cina).

Con Renegade la collaborazione va oltre, è veramente un’auto realizzata con il totale impegno delle due parti del nuovo Gruppo. La basa è la piattaforma “Small Wide” (in qualche modo quella della 500L che ad Auburn Hill hanno implementato aggiungendo la trazione 4x4 (molto sofisticata vista l’esperienza Jeep sull’argomento). Gli americani si sono sicuramente occupati del design (doveva essere inconfondibilmente Jeep) e delle capacità fuoristradistiche, gli italiani pare ci abbiano messo, oltre alla base e ai propulsori MultiAir e MultiJet, la loro competenza nello sfruttamento dello spazio e dell’efficienza.

Non c’è dubbio che Renegade è perfettamente in linea con i fondamentali del marchio (Libertà, Avventura, Autenticità e Passione) come è evidente che il Suv compatto ha tutto quello che serve per farsi valere nel fuoristrada, anche quello più duro, soprattutto nella versione Trailhawk che può fregiarsi del logo Trial Rated di cui possono fregiarsi solo le versioni in grado di superare determinati percorsi particolarmente impegnativi (Jeep si è impegnata ad avere almeno una Trail Rated per ogni modello della sua gamma).

Renegade è lunga 423 cm, larga 180 e alta 166. Ha un angolo di attacco di 30 gradi, d’uscita di 34 e di dosso 24. L’altezza da terra della versione Trailhawk raggiunge i 21 cm e l’escursione delle sospensioni anteriori e posteriori è rispettivamente di 170 mm e 205 mm. Al top, chiaramente, i dispositivi elettronici di assistenza alla guida per la sicurezza, i sistemi di trazione (c’è la possibilità della disattivazione automatica dell’asse posteriore e un rapporto più corto che simula le ridotte) e le trasmissioni che prevedono anche il rivoluzionario per la categoria automatico-sequenziale a nove rapporti (non manca il Select Terrain a 5 posizioni).

Si può scegliere fra quattro allestimenti (Sport, Longitude, Limited e Trailhawk) e quattro motori. C’è l’1.4 benzina da 140 cavalli, l’1.6 diesel da 120 e il due litri a gasolio con potenze da 140 e 170 cavalli. La Longitude 1.4 MultiAir costa 23.500 euro, la 1.6 MultiJet Longitude 24.500. Quando sarà disponibile la Sport costerà circa 20 mila euro.

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Sabato 13 Settembre 2014 - Ultimo aggiornamento: 17-09-2014 05:10 | © RIPRODUZIONE RISERVATA