Il problema resta lo spazio a disposizione. Il Foro dedicato al tennis è di quattro ettari, mentre i quattro tornei dello Slam hanno aree tre o quattro volte maggiori, quello più piccolo è il Roland Garros che però ha già in cantiere il piano di ampliamento. Quanto ai campi da tennis, Roma ne ha undici, tre per gli allenamenti e otto per il torneo, e sono decisamente pochini contro i 46, tanto per dire, di Flushing Meadows. In cambio, il Foro Italico non ha gli aerei che ti atterrano sopra la capoccia o l’odore degli hamburger e patatine fritte sfornati nelle nicche del centrale. La SuperTennis arena è stata una buona idea, ha quasi 4.000 posti ed è uno di quegli impianti moderni usa e getta, cioè usa durante il torneo e poi smonta quando il torneo non c’è, anche perché sta in mezzo a una strada dentro un parco.
L’anno prossimo ci sarà la riqualificazione dell’aula bunker, un ingresso al parco del Foro Italico e quindi del torneo molto più maestoso, ci si allargherà ancora un po’, ma la parola d’ordine sarà ancora puntare sulla qualità, sullo scenario, sui marmi e sul verde che ogni torneo del mondo ci invidia. Ma la fila sterminata davanti alla biglietteria, gli affari dei bagarini e la richiesta di biglietti che è stata dieci volte maggiore delle 170.000 presenze degli otto giorni di gare, fa immaginare che Roma avrebbe l’esaurito anche se fosse grande il doppio.
Forse, piano piano, ci arriveremo. Quest’anno sono entrati sponsor pesanti, gli incassi hanno superato i 18 milioni di euro, e l’ottantaduesima edizione è stata sicuramente la migliore delle altre ottantuno che l’hanno preceduta. Anche senza un top-ten capace di trascinare il movimento, il tennis in Italia è in pieno boom. Godiamoci il momento, ma cerchiamo di migliorare lo stesso.
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