Balotelli, da bad boy a BatMario
Il sopportato è diventato il trascinatore

Balotelli, da bad boy a BatMario Il sopportato è diventato il trascinatore
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Sabato 30 Giugno 2012, 10:31 - Ultimo aggiornamento: 1 Luglio, 10:38

dal nostro inviato Ugo Trani

CRACOVIA - Non c’ niente da dire, c’ solo da guardare. Questa la traduzione letterale di una risposta che Mario Balotelli ha dato, in inglese, agli inviati dei tabloid britannici nella mixed zone del Narodowy stadion di Varsavia. Perché per SuperMario lo spogliarello dopo la seconda rete alla Germania non nasconde niente di che. Anzi serve a far scoprire quale muscolatura porta in giro per il campo. «Non è vero che i miei compagni si sono arrabbiati per l’ammonizione. Erano solo invidiosi del fisico».

Come quello mostrato in mondovisione. Balotelli è quello dei pettorali in faccia ai tedeschi. E’ quello del bacio a mamma Silvia in tribuna. E’ quello che zittisce De Rossi durante Inghilterra-Italia, dito davanti alla bocca e qualche urlaccio con il bel vocione. E’ quello che festeggia quasi strappandosi la maglia per l’esultanza «dedicata a tutti i miei compagni e a nessun altro». E’ quello che aspetta il papà, il signor Franco, a Kiev per «segnare quattro gol in finale». E’ SuperMario e basta. «E’ italiano e basta» come ha detto anche ieri Prandelli.

L’Italia di oggi, più che coccolarselo, se lo tiene stretto anche con il suo modo di essere sempre in altalena. Non sono i tre gol a dare un senso alla sua storia in questo Europeo, anche se, presentandosi in finale da cannoniere azzurro, potrebbe far meglio di tutti i suoi rivali. Gomez, Cristiano Ronaldo e Dzagoev, tre reti come lui, sono già a casa. E’ il suo comportamento in campo che sta facendo la differenza. Perché è stato lui ad andare incontro alla squadra e non la nazionale a metterlo nelle condizioni di non sbagliare in più. Da sopportato a trascinatore.

L’immagine è doppia, come spesso in passato è stato l’atteggiamento del campione secondo la descrizione del suo compagno nel City, l’esterno Milner, prima della sfida con gli inglesi. «C’è il grande calciatore che può decidere la partita e quello che in allenamento sembra con la testa da un’altra parte». Dopo la prima rete è Balotelli che va incontro a Cassano per ringraziarlo. Dopo la seconda è Marchisio che corre a stringerlo forte, con De Rossi che quasi si inginocchia davanti a lui. Sono tre azzurri che, in tempi diversi, lo hanno messo in riga, a parole e con i fatti.

Cassano è il tutor. Sa che cosa significa, avendo vissuto, otto anni fa, la stessa cosa all’Europeo in Portogallo, dove a proteggerlo pensò Totti. E’ stato Totò, come si è visto in diretta tv, a portarlo da De Rossi, per accelerare il chiarimento dopo lo scambio di accuse, in campo, a Kiev domenica scorsa. Ma Cassano è anche quello che, dovendo scegliere, avrebbe giocato più volentieri con Di Natale. Per una questione di comunicabilità tecnica. Con l’altro Totò è facile capire dove va, come si muove e quando vuole la palla. Con SuperMario non c’è certezza di niente. In questo senso Prandelli gli ha fatto capire, escludendolo contro l’Irlanda, di che cosa aveva bisogno l’Italia quando lui era in campo: la profondità, lo scivolamento sull’esterno per allargare la difesa avversaria e di non perdere il pallone quando va incontro ai compagni a chiederlo.

«E’ grandicello, ormai è un ometto. Da un pezzo che lo stiamo aspettando». De Rossi è stato il più severo. Balotelli gli rispose prima della sfida con gli inglesi a Kiev. «Io sono uomo più che Peter Pan». «Mario deve capire che le occasioni stanno per finire» l’avviso di Marchisio. Cassano, invece, ha scherzato e nemmeno troppo. «Se viene al Milan come giochiamo? Facciamo il cinque-cinque-cinque di Oronzo Canà?». Totò ha rivelato anche di non averlo voluto come compagno di stanza. «Ho detto a Prandelli che in camera con lui proprio no». L’ammissione di Thiago Motta ha sorpreso tutti: «Non è cambiato e mi fa arrabbiare». Invece ora SuperMario si comporta da calciatore. Lavora per gli altri più che per se stesso. Ha capito quanto gli ha detto Buffon: «Dipende solo da lui. E’ il momento di prendersi le responsabilità. Deve essere libero di sbagliare, a patto che ogni errore diventi esperienza». La carezza del capitano, e qualche parola all’orecchio, dopo le due reti, rientrando negli spogliatoi. E indicandogli Kiev.

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