​Paola Severino

Impatto Covid/ L’importanza delle regole per superare l’emergenza - di Paola Severino

Impatto Covid/ L’importanza delle regole per superare l’emergenza
di ​Paola Severino
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Sabato 29 Agosto 2020, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 15:55
Con la fine dell’estate si sta concludendo una stagione di profondi contrasti e di insanabili contrapposizioni di idee e di comportamenti. Da una parte, le ispirazioni filosofiche di chi, ricordando i 250 anni dalla morte di Hegel, ne richiama la Filosofia dello spirito, sottolineando le affinità tra il nostro tempo di crisi e recessione e l’età di gestazione e trapasso ad una nuova era, che il pensatore tedesco richiama nel tracciare il percorso della coscienza verso l’autocoscienza. Insieme alle considerazioni di chi invoca lo “spirito dei tempi” (evocato, come ci ricorda un bell’articolo di Antonio Padellaro, dal filosofo americano Ralph Waldo Emerson) per sottolineare che l’adozione di certe regole deriva dalla considerazione che è sensato farlo, non dalla circostanza che esse siano imposte. 

Dall’altra parte la massa sconsiderata ed indistinta di giovani impegnati in affollatissime e sudate serate trascorse a ballare ed a trasmettersi e trasmettere il virus. Da un’altra parte ancora, scienziati che assicurano che il peggio è superato, che il virus è indebolito e che dunque le precauzioni del passato sono superflue, a fronte di altri scienziati che prevedono repliche estese della pandemia, con conseguente blocco delle attività, così come già accaduto nel periodo del lockdown. 

Tutto ciò, mentre maturano problemi altrettanto seri e contrastati: la riapertura delle scuole, ritenuta indispensabile ma che va fortemente cautelata anche attraverso i test agli insegnanti e il distanziamento degli allievi; la piena ripresa delle attività giudiziarie, visto che nessun Paese può tenere tanto a lungo ferma la giustizia se non violando diritti costituzionalmente tutelati; il riavvio di tutte quelle attività economiche già fortemente in crisi, poiché una ulteriore prolungata fermata comprometterebbe le stesse possibilità di sopravvivenza di intere categorie di lavoratori e delle loro famiglie; il mantenimento dell’ordine pubblico in un autunno caldo nel quale, come più volte segnalato dal Viminale, il disagio sociale derivante dall’allargamento dell’area di povertà delle famiglie potrebbe manifestarsi anche in maniera violenta. 

Di fronte a questo quadro dalle tinte fosche, se vogliamo evitare di ricadere nel buio di epoche medievali, in cui la scena della storia era dominata da veggenti delle più varie specie che alimentavano il loro potere con fantasiose e contrastanti previsioni, dobbiamo in primo luogo evitare la Babilonia comunicativa, impedendo che nella comunicazione passino messaggi fuorvianti, in modo da dare indicazioni serie, chiare e coerenti al cittadino. Gli italiani, per parte loro, hanno già dato risposte molto mature quando, nel pieno della pandemia, hanno accettato le limitazioni della libertà personale conseguenti al lockdown e l’osservanza delle regole del distanziamento sociale e dell’uso delle mascherine.

Proprio perché si trattava, finché l’emergenza ha prevalso, di regole chiare, fortemente condivise ed efficacemente motivate e spiegate. Stupiva, anche dopo l’allentamento delle misure anti Covid, verificare che, in una città come Napoli, descritta spesso (a torto o a ragione) come una città nella quale l’uso del casco in motorino è un optional, tutti, ma proprio tutti usavano le mascherine, facevano la fila, osservavano il distanziamento. C’è allora da chiedersi come mai una parte, sia pure minoritaria, di italiani abbia colto l’occasione delle vacanze per trasformarle in un Sabba liberatorio in cui si sono completamente trascurate le regole che la ragione, prima ancora della regolamentazione, imponevano di rispettare, in linea con lo spirito dei tempi.

Forse perché si riteneva, sbagliando, che un cambio di stagione potesse giustificare una modifica dei comportamenti ragionevolmente attesi? Oppure, come suggerisce Locatelli nell’intervista di qualche giorno fa dalle pagine di questo giornale, perché si è fin troppo rapidamente persa la memoria dell’immane tragedia dello sterminio di una generazione di nonni e di anziani? O perché a volte i giovani (ma non solo loro) si reputano erroneamente immuni dal contagio e hanno ritenuto di reagire così sconsideratamente al disagio subìto durante il periodo di confinamento in casa? Qualunque sia la risposta da dare al quesito, occorre prendere atto, a seguito di quanto accaduto, che è doveroso spiegare al cittadino cosa sia giusto fare per proteggersi e per proteggere gli altri, ma è altrettanto doveroso assicurarsi che le regole vengano rispettate ed elaborare le strategie necessarie a garantirne l’osservanza. Perché ciò accada occorre costruire norme di comportamento chiare, condivisibili e uguali per tutti.

Chiare, perché ciò che viene spiegato in maniera semplice può raggiungere tutte le componenti sociali, senza che un eccessivamente disinvolto uso dei mezzi di comunicazione possa dar luogo a personalistiche, fuorvianti e a volte non disinteressate interpretazioni. Così, ad esempio, una norma che prescriva con chiarezza a quali categorie di insegnanti e operatori della scuola debba applicarsi l’obbligo di eseguire il test preventivo per il Covid. Ciò renderebbe evidente a tutti, insegnanti, genitori, allievi, con quali cautele vada riaperta la scuola per contemperare diritto allo studio e diritto alla salute, e con quanta fermezza vada esecrato il comportamento di chi utilizza l’escamotage di “darsi malato” per sottrarsi ai propri doveri. Se la parola “insegnare” vuol dire “lasciare il segno”, insegniamo con chiarezza ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, con quanto senso di responsabilità vada affrontata oggi la convivenza sociale, perché dovremo purtroppo convivere a lungo con gli effetti della pandemia.

Condivisibili, non nel senso che debbano essere costruite per ottenere consenso, ma perché, seppur sgradite, possano essere comprese e si possa aderire alla ragione che le ha ispirate. Così, si dovrà spiegare anche alle fasce sociali più deboli che i sussidi rappresentano il pronto soccorso, ma che solo un contributo di ciascuno alla ripresa del lavoro potrà rappresentare la terapia efficace per salvare l’economia del Paese.

Uguali per tutti, nel senso costituzionale dell’espressione, e cioè ispirate dall’idea che a situazioni simili debba essere data risposta uguale, senza che i localismi possano pretendere soluzioni diversificate, che non siano giustificate da effettive diversità sottostanti. Così, ad esempio, per la ripresa degli affari giudiziari appare necessario emanare linee guida nazionali, cui i singoli Tribunali dovranno aderire, potendo solo adattarle alle più specifiche esigenze della sede territoriale.

La chiarezza, la condivisibilità, l’uguaglianza delle regole rappresentano la premessa affinché si possa chiedere e pretendere l’osservanza delle prescrizioni che ne derivano. Questo esige il fondamentale patto sociale tra Stato e cittadino che contraddistingue la nostra democrazia.

* Vice Presidente Luiss
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