Alessandro Orsini

Kashmir 72 anni dopo/ India-Pakistan, la partita che può cambiare i giochi in Asia

di Alessandro Orsini
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Mercoledì 7 Agosto 2019, 00:21 - Ultimo aggiornamento: 10:44
India e Pakistan, due potenze nucleari, hanno una disputa decennale che riguarda la regione del Kashmir, una cui parte è sotto l’autorità dell’India, ma gode di parziale autonomia. Il Pakistan appoggia i gruppi che attaccano i soldati indiani in Kashmir, con la speranza che ottengano l’indipendenza. L’obiettivo strategico del Pakistan è di strappare un territorio all’India, contro cui ha già combattuto quattro guerre: nel 1947, 1965, 1971 e 1999.
Il Pakistan opera affinché l’India perda il Kashmir per due ragioni principali. La prima è che, nel 1971, l’India ha combattuto contro il Pakistan per strappargli un’intera regione, che oggi conosciamo come Bangladesh. La seconda è che il Kashmir ha un’importanza geostrategica vitale per via dell’acqua che nasce dai ghiacciai dell’Himalaya. 

Le acque glaciali, che scorrono attraverso il Kashmir, forniscono acqua ed elettricità a un miliardo di persone in India. Il Pakistan, invece, ha bisogno di quelle acque soprattutto per il settore agricolo. L’India, con una popolazione in crescita e un bisogno sempre maggiore di energia, intende accrescere gli impianti idroelettrici in Kashmir, mentre il Pakistan teme che l’India possa deviare il corso delle acque per strozzare la sua agricoltura. 

Nel 1960 India e Pakistan hanno firmato un accordo per il controllo dei fiumi del Kashmir. Alcuni sono stati attribuiti al Pakistan e altri all’India. Tutti i fiumi però passano attraverso l’India, che ha pertanto una posizione di vantaggio in caso di disputa.

L’India è anche uno dei Paesi che, in competizione con la Cina, ambisce a trasformarsi in una grande potenza mondiale. E le sue potenzialità di crescita, anche grazie all’enorme popolazione, sono molto più grandi di quelle del Pakistan. Toglierle il controllo dell’acqua significherebbe addirittura influenzare il futuro politico dell’area.
Ecco perché il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si è offerto come mediatore al premier del Pakistan, Imran Khan, al quale ha chiesto in cambio di fare da mediatore con i talebani in Afghanistan, dove vorrebbe ritirare le truppe americane. Ma oltre a proteggere il proprio futuro economico, l’India deve fronteggiare un grave problema legato alla sua sicurezza interna. 

Uno degli attentati più devastanti della storia del terrorismo è avvenuto proprio in territorio indiano. Lashkar-e-Taiba, una formazione islamista che aveva alcuni campi di addestramento nella parte del Kashmir controllata dal Pakistan, attaccò le strade di Mumbai per quattro giorni, dal 26 al 29 novembre 2008, causando 168 morti e oltre 300 feriti. 

Mentre il terrorismo in Francia o negli Stati Uniti è un problema di politica interna, combattuto con la polizia, nel caso dell’India il terrorismo investe invece la sfera delle relazioni internazionali ed è combattuto con l’esercito. Combattere contro i terroristi del Kashmir significa combattere indirettamente contro il Pakistan e, talvolta, direttamente. 

Il 14 febbraio 2019, un attentato suicida nel Kashmir indiano, rivendicato stavolta dalla formazione islamista Jaish-e-Mohammed, ha causato la morte di 44 indiani e, dopo una serie di reazioni a catena, Pakistan e India hanno preso a bombardarsi nei rispettivi territori. In questo contesto, giunge l’annuncio del ministro degli Interni dell’India, Amit Shah, di voler privare il Kashmir indiano della sua parziale autonomia. Il Kashmir, dove in questo momento vige il coprifuoco, è una delle zone più militarizzate del mondo. 

Il 5 agosto, alcune proteste popolari nella città di Srinagar sono state disperse dai soldati indiani con gas lacrimogeni e proiettili di gomma. I gruppi insorgenti stanno utilizzando ciò che gli studiosi di terrorismo chiamano “politica del ju jitsu”, dal nome dell’arte marziale giapponese che ambisce a utilizzare la forza dell’avversario contro l’avversario stesso. I miliziani islamisti del Kashmir spingono infatti il governo indiano ad aumentare la repressione di massa in modo che le masse si radicalizzino contro quel governo in appoggio alle attività terroristiche. 

Il primo ministro del Pakistan, Imran Khan, in un discorso al proprio parlamento, ha accusato il premier dell’India, Narendra Modi, di voler avviare una “pulizia etnica” contro i musulmani in Kashmir. Il comando supremo dell’esercito pakistano ha comunicato che darà ogni supporto ai musulmani impegnati a lottare per l’indipendenza del Kashmir dall’India. È dunque certo che il Pakistan offra sostegno ai gruppi che combattono contro l’India. Ed è altrettanto certo che siamo all’inizio di una pericolosa escalation. 
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