Fuggi fuggi generale da Tim con il mercato che boccia in modo clamoroso il piano industriale 2024-2026 presentato due giorni fa da Pietro Labriola: ieri il titolo, nel giorno del Capital Market Day, ha chiuso con un tonfo del 23,8% 0,21 euro, il livello più basso dal 21 dicembre 2022, bruciando 1,4 miliardi di valore. Tim condiziona anche i conti di Vivendi, primo socio con il 23,78% presentati ieri e che registrano una ulteriore svalutazione di 1,347 miliardi che provoca una perdita netta 393 milioni. Nel 2022 Parigi aveva minusvalenze sul titolo per 3,2 miliardi.
Sul panic selling scaricato azioni di Tim hanno influito tanti fattori.
TANTI PUNTI OSCURI
Il mercato ha girato nettamente le spalle a Labriola in quanto il percorso di riduzione del debito non è chiaro: Tim non ha presentato il pro-forma da cui parte e mancano i dettagli del flusso di cassa che la porteranno a raggiungere gli obiettivi di riduzione della leva al 2026.
Tim dichiara di aspettarsi 14,2 miliardi dalla vendita di NetCo ma non fornisce alcun debito netto iniziale, solo un obiettivo di leva finanziaria per il 2026 di 1,6-1,7. L’altra sera il cda ha approvato il rendiconto che conferma i dati preliminari, aggiungendo la perdita 2023 di 1,4 miliardi, più contenuta rispetto al rosso di 2,9 miliardi segnata a fine 2022.
«Bisogna capire che nel 2024 abbiamo ancora elementi che possono determinare impostazioni diverse, dobbiamo riprendere la fiducia, stiamo facendo bene, veniamo da un decennio di risultati negativi», ha aggiunto Labriola. E poi quasi sfidando il mercato: «Vogliamo tornare a una politica di dividendi nell’ambito del piano». E ha la forza di promettere: «Dobbiamo fare quello che abbiamo fatto in Brasile e mettere i soldi da parte perchè ci sarà senz’altro qualcuno che muore».