Banche giù in Borsa: il settore perde a Piazza Affari 9 miliardi. Alleggerita la tassa sugli extra-profitti

Franchigie più alte: si riduce l’impatto sui conti delle società

Banche giù in Borsa. Alleggerita la tassa sugli extra-profitti
di Rosario Dimito e Giacomo Andreoli
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Mercoledì 9 Agosto 2023, 00:10

La tassa sugli extraprofitti al 40% annunciata dal governo manda in rosso le banche a Piazza Affari. Nella seduta di ieri gli istituti di credito hanno “bruciato” circa 9 miliardi di capitalizzazione. Il calo medio è stato superiore al 6-7%, ma in alcuni casi c’è stata una caduta superiore al 10%. I titoli degli istituti su cui si sono scatenate più vendite sono Bper (-10,94%), Mps (10,83%) , Fineco (-9,91%), Banco Bpm (-9,09%) Intesa Sanpaolo (-8,67%) e Unicredit (-5,94%). Nel corso della seduta di ieri in Borsa sono girate diverse ipotesi sul meccanismo di imposta. Infine in serata sera è arrivata la precisazione del ministero dell’Economia, che di fatto ammorbidisce lo schema iniziale annunciato 24 ore prima. 

Sono state cambiate, rispetto alle ipotesi iniziali, le franchigie su cui applicare l’imposta e la clausola di salvaguardia per alcune banche “virtuose” (che sono già venute incontro ai propri clienti sui depositi), restringendo il bacino di profitti da cui prendere risorse.

Soldi utili per aiutare le famiglie a basso reddito sui mutui e per tagliare le tasse, a partire dalla conferma del taglio del cuneo fiscale ai lavoratori nel 2024.

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COME FUNZIONERÀ

La tassa si applicherà sul maggiore valore tra due “extra-profitti”. Il primo è quello realizzato dalle banche sul margine d’interesse relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023. Vale su quanto eccede per almeno il 5 (prima era il 3% e si riferiva ad altri anni) il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022. Il secondo è l’extra guadagno sul margine di interesse relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024. Vale su quanto eccede per almeno il 10% (prima era il 6% e si riferiva ad altri anni) il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.

Viene cambiato il parametro di riferimento. Non è più il 25% del patrimonio netto alla chiusura dell’esercizio 2022. Ora, per garantire «la salvaguardia della stabilità degli istituti bancari», ci sarà un tetto massimo per il contributo che non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo. In questo modo, secondo fonti del governo, la tassa potrà fruttare per le casse dello Stato meno di due miliardi. A quanto spiegano fonti bancarie, invece, si potrebbe arrivare a un massimo di 3,2 miliardi, contro i circa 9 ipotizzati ieri. Secondo il Tesoro, poi, «gli istituti bancari che hanno già adeguato i tassi sulla raccolta, così come raccomandato lo scorso 15 febbraio con specifica nota dalla Banca d’Italia, non avranno impatti significativi».

«Si tratta - dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari - di un provvedimento di buonsenso che non metterà in difficoltà le banche: gli investitori possono stare tranquilli». «Questo - aggiunge- è l’unico governo che ha la forza di tassare gli istituti di credito perché è l’unico che non ha rapporti privilegiati col sistema bancario». Le varie forze di opposizione rimandano l’accusa al mittente, spiegando di non aver legami diretti con le banche. Quindi rispondono che il provvedimento era già stato suggerito da tempo al governo e che poteva essere fatto con ancora più forza.

LE MOSSE DI ABI E FABI

Intanto, però, c’è la reazione fredda dei banchieri per l’inaspettato intervento del governo. In serata le bocce si sono fermate sulle franchigie e la presunta “stangata” si sarebbe ridimensionata. L’Abi ha atteso certezze. Una posizione ufficiale verrà assunta dal comitato di presidenza che è il “cdm” dei banchieri, da tenersi domani, in una ora a cavallo di pranzo. Ne fanno parte, fra gli altri, Antonio Patuelli, Gian Maria Gros-Pietro, Pier Carlo Padoan, Massimo Tononi, Nicola Maione, cioè il 50%% del mercato. 

Il presidente dell’associazione, ex leader politico e tenace tessitore di strategie diplomatiche, dalla tarda serata di lunedì 7, subito dopo l’inattesa decisione del governo, ha mantenuto i contatti con i principali banchieri per condividere un percorso. «Il 21 giugno ospite dell’esecutivo Abi - confida un altro banchiere - il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha fatto un’ampia disamina della situazione nella quale ci ha sollecitati a venire incontro a chi è in difficoltà nei prestiti, ma anche di alzare la remunerazione dei depositi. Tutti abbiamo dato ampie disponibilità come dimostrato nel patto sui mutui, ma anche su altri fronti diversi come le alluvioni. Lunedì è invece arrivato un cambio d’indirizzo. Anche se poi ieri è stato ammorbidito».
La posizione della Fabi, federazione autonoma bancari italiani, è estremamente prudente. «Stiamo valutando - si legge in una nota del “sindacato” dei banchieri - l’impatto sul settore bancario e sui singoli gruppi bancari della nuova tassa sugli extraprofitti annunciata dal governo. Il segretario generale, Lando Maria Sileoni, sta seguendo la vicenda, e appena sarà tutto più chiaro, a iniziare dai contenuti del decreto, farà conoscere la posizione dell’organizzazione».
 

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