L'ipotesi dell'Antitrust, infatti, è che il cliente/mittente che si rivolge a Poste per una raccomandata che non è stata consegnata «potrebbe essere ingannevolmente indotto ad acquistare un servizio pubblicizzato da claim che ne
enfatizzano determinate caratteristiche che, nella sua concreta erogazione non vengono, poi, rispettate».
Poste Italiane, inoltre, fa sapere che nel corso del 2019 sono state consegnate oltre 120 milioni di raccomandate e nello stesso periodo sono stati ricevuti meno di 1000 reclami per gli avvisi di giacenza ossia pari allo 0,000008% del totale delle raccomandate regolarmente gestite.
Il gruppo nella nota sottolinea che «L’azienda opera un incessante controllo ispettivo sulla qualità del servizio, superando gli standard tradizionalmente previsti in materia, con regolari e accurate verifiche sull’intera filiera organizzativa, adottando, ove si riscontrino irregolarità, i più rigorosi provvedimenti disciplinari. A titolo esemplificativo, nel 2019, in una sola giornata, sono stati eseguiti oltre 100 controlli in contemporanea sull’intero territorio nazionale. A conferma che i singoli casi di comportamento irregolari non sono compatibili con la strategia e la condotta dall’azienda». E ribadisce l'infondatezza dell'ipotesi «di aver veicolato messaggi ingannevoli riguardo al servizio di ritiro digitale con riferimento alle condizioni economiche di utilizzo; infatti, come ampiamente documentabile, ogni strumento informativo, cartaceo o digitale, riporta in evidenza le condizioni del servizio peraltro assolutamente gratuito, opzionale e non alternativo rispetto alle tradizionali modalità di recapito».
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