Caro prezzi, a rischio il patto per frenarlo: l'industria si tira indietro, avanti solo il commercio

Impegno a trovare un'intesa entro il 10 settembre

Caro prezzi, a rischio il patto per frenarlo: l'industria si tira indietro, avanti solo il commercio
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Giovedì 3 Agosto 2023, 18:53 - Ultimo aggiornamento: 20:08

L'inflazione continua a svuotare i carrelli al supermercato, mentre esplode lo scontro tra commercianti e produttori sul 'trimestre salva-spesà voluto dal governo. Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, per ora dovrà avanti solo con le associazioni della distribuzione moderna e del commercio, convocate alle 9 e 30 di domani mattina per firmare una dichiarazione congiunta. Le parti vi si impegnano a raggiungere l'intesa vera e propria entro il 10 settembre, per offrire dal primo ottobre al 31 dicembre un paniere di prodotti di prima necessità a prezzi calmierati. La modalità di adesione sarà flessibile, nel rispetto della libertà d'impresa.

Fin dall'inizio della giornata, la trattativa è apparsa in salita, con il presidente di Federdistribuzione, Carlo Alberto Buttarelli, che ha accusato l'industria della trasformazione di non voler firmare con «argomentazioni pretestuose e strumentali» e ha manifestato la volontà di ricercare comunque «possibili forme che consentano di contrastare l'inflazione, a tutela di famiglie e consumi». È intervenuto anche il ministro Urso, su Twitter, richiamando a «uno sforzo comune» contro l'inflazione.

Nel pomeriggio hanno però ufficializzato il loro no Centromarca e Ibc, che hanno definito il trimestre anti-inflazione «non praticabile per aspetti sostanziali, di carattere formale e giuridico», a partire dai ridotti margini di profitto delle imprese e da problemi relativi alle norme antitrust. Unionfood ha espresso dispiacere per le dichiarazioni di Federdistribuzione, ribadendo che qualsiasi intesa non possa prescindere dal coinvolgimento di tutti gli operatori della filiera alimentare nel senso più ampio, dall'energia alla logistica. Intanto i dati Istat registrano un calo dei consumi anche a giugno, con una contrazione delle vendite al dettaglio dello 0,2% in valore e dello 0,7% in volume rispetto a maggio. Rispetto a un anno prima, le famiglie hanno speso il 3,6% in più per comprare una quantità di prodotti minore, inferiore del 3,5%. Gli scontrini sono saliti con il caro-prezzi in tutte le tipologie di negozi, soprattutto alimentari e discount, che hanno registrato +9,4%, mentre è sono diminuiti gli incassi del commercio elettronico con un calo del 3,6%.

L'attenuarsi dell'inflazione negli ultimi mesi ancora non si riflette sulle vendite. Le ultime statistiche su questo fronte arrivano dall'Ocse e mostrano che a giugno nei Paesi dell'area la crescita dei prezzi è scesa al 5,7% dal 6,5% di maggio e anche in Italia c'è stata una decelerazione al 6,4% dal 7,6%. A questa ha seguito, secondo le stime preliminare dell'Istat diffuse nei giorni scorsi, un'ulteriore frenata al 6% a luglio. L'inflazione è, di fatto, dimezzata rispetto ai picchi dell'autunno scorso ma ancora i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, vedono rincari a due cifre. A fronte di dati sui consumi definiti «disastrosi» dalle associazioni di consumatori, Assoutenti calcola che le famiglie stanno tagliando consumi per 1.075 euro annui a famiglia. Poi, in una nota congiunta con Federconsumatori e Adoc esprime rammarico per la rottura della trattativa Ministero delle Imprese - GDO - aziende produttrici e chiesto un incontro urgente. Anche l'Unione nazionale consumatori definisce i numeri sulle vendite al dettaglio «pessimi» e interviene sull'eventuale trimestre salva-spesa. In questo caso, però il presidente Massimiliano Dona parla di pericolo scampato e si dice entusiasta perché l'intesa con produttori e distributori sarebbe stata «una pubblicità ingannevole che ci saremmo riservati di denunciare all'Antitrust». Sono all'insegna della preoccupazione anche i commenti ai dati Istat delle associazioni del commercio, da Federdistribuzione a Cna e Confesercenti che sottolinea come lo scenario negativo sui consumi si protragga da più di un anno, e pesi soprattutto sui negozi che hanno registrato un crollo del volume di vendita del 6% nei primi sei mesi dell'anno. L'ufficio economico di Confcommercio, infine, vede nei consumi deboli un segnale coerenti con la riduzione del Pil nel secondo trimestre registrata dall'Istat.

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