Difronte a questo fenomeno, alcuni analisti si sono chiesti come mai questa ingente quantità di valuta non sortisca effetti economici evidenti nei paesi d'origine.
Le rimesse degli immigrati ammontano a circa 110 miliardi di dollari l'anno, la maggior parte è utilizzata per generi di prima necessità come, abbigliamento e cibo, ma circa il 20% di questi soldi potrebbe essere utilizzata per il risparmio e l'investimento. La mancanza nei paesi d'origine di strutture finanziarie adeguate e il costo spesso eccessivo del servizio di trasferimento di denaro inficia le potenzialità del flusso economico tant'è che solo il 40% delle rimesse riesce a raggiungere le zone più disagiate e rurali.
Le rimesse rappresentano sicuramente un immenso potenziale per i paesi in via di sviluppo, riuscirle a canalizzare rappresenterebbe una soluzione efficace per far giungere capitali direttamente dove sono necessari e aumentare l'efficienza di uno sviluppo economico che solleverebbe molte parti depresse del Mondo. Per favorire ciò occorre garantire costi di trasferimento del denaro non superiore al 5% ed avere governi europei con la volontà politica di governare il fenomeno.
Attualmente il 36% delle rimesse viaggiano all'interno della stessa Europa, il 35% l'Asia, il 23 l'Africa e poco più del 6% l'America Latina. Circa 7,4 miliardi di dollari vanno in Nigeria, 6,3 in Cina, 6,1 in Marocco e 5,1 in India.
Il paese che “esporta più capitali” è la Russia con circa 20 miliardi di dollari l'anno, segue il Regno unito con poco più di 17 miliardi di dollari e poi ci sono Germania, Francia ed Italia con circa 10 miliardi di dollari l'anno.
Per quanto riguarda l'Italia 1,1 miliardi di dollari vanno in Cina, poco meno di 1 miliardo viene versato in Nigeria e Marocco, circa 500 milioni prendo la via di Romania, India, Filippine ed Egitto.
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