LE SCHEDA
La bibbia del liberismo in economia. È il settimanale britannico «Economist», tra i giornali più venduti al mondo (1,6 milioni di copie), fondato a Londra nel 1843 da James Wilson con l'obiettivo di sostenere la causa del liberismo e di abrogare le Corn laws, la legge sul grano britannica, di impostazione protezionistica, che, fra il 1815 e il 1846, aveva imposto dei dazi sull'importazione dei cereali dalle colonie. Tratto distintivo del giornale, che, secondo quanto si legge sul suo sito, offre fatti e opinioni di politica estera, economia, finanza, business e tecnologia, è che nessun articolo porta mai la firma dell'autore e non compare neanche il nome del direttore. Che dal gennaio scorso, per la prima volta nella storia del settimanale, è una donna, Zanny Minton Beddoes.
Proprietario del giornale è «The Economist Group», che lo scorso anno ha registrato profitti per 60 milioni di sterline, poco meno di 85 milioni di euro.
Il 50% del gruppo è nelle mani di Pearson che - dopo aver venduto nei giorni scorsi ai giapponesi di Nikkei il «Financial Times» per 844 milioni di sterline, circa 1,2 miliardi di euro - ha annunciato oggi l'intenzione di mettere in vendita la sua quota. Il restante 50% è controllato da una serie di soci, tra cui i Rotschild, che detengono il 22% di «The Economist Group», e la famiglia Agnelli che, tramite la Exor, al momento controlla il 5%, con John Elkan membro del board. Qualsiasi accordo per la cessione del pacchetto azionario Pearson - acquisito nel 1957 - dovrà essere approvato dai quattro 'trustees' del gruppo Economist, che hanno il compito di preservare «l'indipendenza della proprietà della società e l'indipendenza editoriale del settimanale». Tra questi garanti ci sono l'ex sottosegretario conservatore Lady Bottomley e l'ex ministro Lord O'Donnell.
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