Tetto ai bond, asse fra Italia, Francia e Bce: così Schaeuble si ritrovò solo

Tetto ai bond, asse fra Italia, Francia e Bce: così Schaeuble si ritrovò solo
di Alberto Gentili
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Sabato 23 Aprile 2016, 10:18
«Si può dire che Italia-Germania è finita 4-0. Oggi gliele abbiamo date a dovere...». A sera, quando ad Amsterdam è da poco calato il sipario sulla prima giornata della riunione dei ministri finanziari europei, la delegazione italiana festeggia. «L'esito del vertice è evidente», dice una fonte accreditata, «è fallito il tentativo dei tedeschi di imporre un tetto all'acquisto dei titoli di Stato da parte delle banche. Il messaggio dell'Ecofin è stato chiaro: questa discussione va fermata e, nel caso, ripresa esclusivamente nella sede giusta: il Comitato di Basilea». Pausa. Sorrisetto: «E lì i falchi tedeschi sono ancor di più in minoranza...».

Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, è arrivato ad Amsterdam con un mandato chiaro da parte di Matteo Renzi: «La questione dei titoli di Stato detenuti dalle banche non può essere oggetto di trattativa. Si pensi piuttosto alle priorità vere: la crescita e gli investimenti». E Padoan, aprendo la sessione dedicata al dossier proposto e sostenuto dal potente ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, non è andato per il sottile: «Il debito sovrano non è associabile a un rischio, dunque è improprio sollecitare un tetto. In più, aprire adesso questa discussione è stupido e pericoloso: a furia di gridare ”al fuoco al fuoco”, un incendio potrebbe divampare davvero, creando una nuova crisi finanziaria quando elementi di crisi reali non ce ne sono».
 
«SÌ ALLA GARANZIA UNICA»
Non solo. Il ministro dell'Economia ha chiesto a Schaeuble, e ai ministri di Olanda e Finlandia, di slegare la questione del tetto dalla nascita del fondo unico di garanzia previsto dall'unione bancaria: «In questi anni abbiamo fatto tanto per ridurre il fattore-rischio, è arrivato il momento di introdurne la condivisione». Una bestemmia per Germania e i Paesi del Nord.

Raccontano che alla fine della discussione «Germania, Olanda e Finlandia sono rimaste sole». Che contro l'ipotesi di imporre il tetto ai titoli detenuti dagli istituti di credito, «si è espressa una maggioranza di tredici Paesi su diciannove, guidata da Italia, Francia, Spagna. E sostenuta dalla Commissione europea e dai rappresentanti della Banca europea per gli investimenti e, non ultima, dalla Banca centrale europea».

IL SECONDO ROUND
Già, la Bce. Che l'asse con Mario Draghi sia solido, Renzi l'ha confermato anche da New York. Quando in Europa era ancora notte, il premier italiano si è schierato a fianco del presidente della Bce oggetto, negli ultimi giorni, di un duro attacco di Schaeuble per la decisione di mantenere ai minimi i tassi d'interesse dell'Eurozona: «Draghi gode della fiducia e della stima di tutti i Paesi europei», ha dichiarato Renzi. Guai a limitarne l'autonomia, insomma. Anche perché senza il Quantitative easing della Bce (l'acquisto massiccio di titoli pubblici), lo spread e il costo di finanziamento del debito tornerebbero a impennarsi. E per l'Italia sarebbero dolori.

Oggi ad Amsterdam va in scena il secondo round. Questa volta a partire all'offensiva non sarà la solita Germania, ma l'Italia. Sventolando il documento firmato il mese scorso da otto ministri delle Finanze (Italia, Spagna, etc), Padoan chiederà ai partner di valutare un nuovo sistema di calcolo del deficit strutturale. E soprattutto di cambiare l'impostazione concettuale: «Oggi i saldi contabili dei singoli Paesi e le eventuali correzioni da compiere», spiega una fonte che segue il dossier, «vengono decisi automaticamente sulla base di calcoletti fondati su formule discutibili e teoriche come quella del deficit strutturale. E' arrivato il momento di cambiare». Tanto più che altre istituzioni economiche come Ocse e il Fondo monetario internazionale «usano metodologie diverse in base alle quali l'Italia sarebbe ben oltre il pareggio di bilancio». Ed è questo il succo: con un nuovo sistema di calcolo del deficit, Renzi e Padoan potrebbero adottare politiche «decisamente espansive» senza dover contrattare «gli zero virgola» con Bruxelles e gli arcigni tedeschi.
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