Statali e mobilità, spuntano le eccezioni: più peso ai sindacati

Marianna Madia
di Andrea Bassi
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Giovedì 24 Luglio 2014, 23:30 - Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 11:23
Qualche limatura. Qualche concessione ai sindacati. Qualche salvagente lanciato qua e la. Per passare tra le forche caudine della Camera, il governo è stato costretto a cedere qualcosa della draconiana riforma della pubblica amministrazione. Sulla mobilità obbligatoria, per esempio.



A cominciare dalle eccezioni inserite a favore delle lavoratrici con figli sotto i tre anni o per i lavoratori che hanno a carico portatori di handicap (quelli della nota legge 104), per i quali la mobilità, dopo il passaggio parlamentare, diventa "facoltativa". Ma soprattutto il governo ha dovuto cedere il passo e ammettere il coinvolgimento dei sindacati nelle procedure di mobilità obbligatoria. Le rappresentanze dei lavoratori saranno chiamate insieme alle amministrazioni a stabilire i criteri dei trasferimenti quando questi avverranno senza il consenso dei lavoratori. Un piccolo dietrofront rispetto alla negazione della concertazione che fino ad oggi è stata la cifra del governo Renzi.



Anche i demansionamenti, le retrocessioni a compiti e stipendi inferiori per gli statali in esubero che vogliono mantenere il posto di lavoro, sono stati limati. Il downgrading, per usare un termine finanziario, potrà essere di un solo gradino. I nodi cruciali, quelli delle norme sul trattenimento in servizio, sul turn over, sul pensionamento dei magistrati, non sono stati ancora affrontati. Lo saranno oggi, ma alcuni punti fermi ci sono. Il ministro della funzione pubblica, Marianna Madia, è pronta a dare parere favorevole all’emendamento per pensionare i 4 mila professori cosiddetti «quota 96», quelli rimasti incastrati nelle maglie della Fornero per un errore tecnico e che entro la fine del prossimo mese, potrebbero andare finalmente in pensione. Come detto, per la strada, la riforma ha perso diversi pezzi che pure erano stati annunciati come altrettanti punti fermi. A cominciare, per esempio, dalle sedi distaccate dei Tar.



TUTTI I CAMBIAMENTI

Delle otto che dovevano essere chiuse, un emendamento ne ha salvate cinque, tutte quelle presenti in Comuni dove c’è anche una Corte di appello. Per le altre tre la chiusura è rimandata al 2016. Anche gli avvocati di Stato possono tirare un sospiro di sollievo. L’azzeramento dei premi per le cause vinte si è trasformato in una riduzione del 50 per cento. I compensi incassati comunque, rientreranno nel tetto dei 240 mila euro che vale per tutti i dipendenti dello Stato. Mezza retromarcia anche sull’abolizione dei contributi alle Camere di commercio, la misura che avrebbe dovuto far risparmiare un miliardo di euro alle imprese. Un emendamento, sul quale c’è il parere positivo del relatore Emanuele Fiano e del governo, prevede che l’importo dovuto ogni anno dalle imprese venga ridotto del 35% nel 2015, del 40% nel 2016 e del 50% nel 2017. Il taglio viene così diluito in tre anni, rispetto alla versione originaria che stabiliva un dimezzamento secco. In realtà sulle Camere di commercio le norme continuano ad accavallarsi. Nella legge delega depositata in Senato viene di nuovo indicato un completo azzeramento del contributo, mentre un emendamento ad un altro decreto, il competitività, ha introdotto ulteriori criteri per il calcolo dei contributi.



Si prevede cioè che «i diritti di segreteria dovuti alle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura per il deposito dei bilanci presso il registro delle imprese devono tener conto delle spese sostenute dalle camere di commercio per la riscossione, la rendicontazione ed il versamento delle somme a favore dell’Organismo italiano di contabilità». Così facendo, in pratica, si consente alle Camere di utilizzare le spese di segreteria per andare bilanciare i tagli del decreto sulla Pa. Per ora, insomma, almeno per le Camere di commercio nulla cambia.

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