REVISIONE DELLA SPESA
Il problema naturalmente sta nel fatto che la voluntary disclosure è la più classica delle una tantum: i suoi effetti si dispiegano di fatto per un solo anno. Mentre al contrario i minori introiti fiscali legati al venire meno dell'inversione contabile si riproporranno anche dopo il 2015. Per questo sarà necessario reperire le risorse finanziarie definitive con la legge di Stabilità, in analogia con quanto avvenuto per le pensioni. Per l'anno in corso il parziale ripristino dell'adeguamento all'inflazione per gli anni 2012 e 2013 ha già più che assorbito - sempre per quel che riguarda quest'anno il margine di manovra dato dal cosiddetto “tesoretto”, ovvero la differenza - pari a circa 1,6 miliardi - tra il disavanzo di bilancio tendenziale e quello meno ambizioso che il governo ha programmato. Il grande capitolo a cui il governo potrebbe guardare, volendo evitare a tutti i costi nuovi inasprimenti fiscali, è quello della revisione della spesa. Ma si tratta di un tereno complicato, visto che il gruppo di lavoro guidato da Yoram Gutgeld e Roberto Perotti per il prossimo anno deve ricavare da questa voce circa 10 miliardi, necessari per scongiurare l'applicazione di un'altra clausola di salvaguardia della legge di Stabilità: quella che prevede nel 2016 un incremento dell'Iva da 12,8 miliardi, destinato poi a lievitare ancora negli anni successivi.La situazione resta delicata sul fronte europeo. Anche se nel caso del reverse chiarge le grandezze in gioco sono più contenute di quelle virtualmente evocate dalla senza della Consulta in materia di previdenza, il nostro Paese deve a tutti i costi mantenere i propri impegni, evitando di avvicinarsi alla soglia del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil. Il mancato rispetto degli obiettivi avrebbe conseguenze controproducenti, visto che l'Italia dovrebbe rinunciare ai margini di flessibilità faticosamente conquistati e concretamente ad alcuni miliardi da spendere.