Poletti: «Laurearsi con 110 a 28 anni non serve a un fico, meglio in fretta con voti bassi»

Giuliano Poletti
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Giovedì 26 Novembre 2015, 20:13 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 19:26
«Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21». Lo ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dialogando con gli studenti durante la convention di apertura a Veronafiere di «Job&Orienta», la 25esima mostra convegno nazionale dell'orientamento, scuola, formazione, lavoro.

«Così - ha aggiunto - un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare». «In Italia - ha spiegato Poletti - abbiamo un problema gigantesco: è il tempo. Perché i nostri giovani arrivano al mercato del lavoro in gravissimo ritardo. Quasi tutti quelli che incontro mi dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro e fare la gara con chi ha sei anni di tempo in più diventa durissimo».

«Se si gira in tondo per prendere mezzo voto in più - ha continuato il ministro - si butta via del tempo che vale molto molto di più di quel mezzo voto. Noi in Italia abbiamo in testa il voto, non serve a niente. Il voto è importante solo perché fotografa un piccolo pezzo di quello che siamo; bisogna che rovesciamo radicalmente questo criterio, ci vuole un cambio di cultura
».

«Incontro tanti giovani, ma non ce ne ho trovato uno che mi abbia detto che il problema è l'articolo 18», ha detto Poletti conversando con gli studenti. Poletti ha parlato di «un'operazione molto difficile, ovvero far coesistere due cose che è molto difficile tenere insieme». «Abbiamo bisogno - ha spiegato - di costruire un meccanismo che salvaguarda i diritti, garantisce le tutele, ma è così aperto, flessibile e dinamico che consente di provare».

«Il tema - ha aggiunto - non è solo i nuovi contratti.
Il tema per noi è dalla scuola elementare all'alternanza scuola-lavoro, dall'università al mercato del lavoro fatto con tipologie contrattuali che consentano la giusta e necessaria flessibilità, ma anche la tutela dei diritti. È un'operazione molto difficile». «Credo - ha concluso - che noi oggi abbiamo fatto un buon lavoro. Come Paese a livello europeo, rispetto alle classifiche sul mercato del lavoro, abbiamo migliorato molto le nostre performances, perchè eravamo molto indietro».
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