Cesare Damiano, ex ministro del governo Prodi e attuale presidente della Commissione lavoro della Camera, sentendo puzza di bruciato ha subito messo le mani avanti. Per lui «non sarebbe accettabile» che «per finanziare le nuove riforme, si mettessero nuovamente le mani sulle pensioni in essere in quanto liquidate con il sistema retributivo». Un loro ricalcolo contributivo, sostiene Damiano, «sarebbe una rapina e un nuovo attacco ai diritti acquisiti». Una reazione alle parole di Pier Carlo Padoan che, invece, non più di due giorni or sono intervenendo al festival dell’Economia di Trento, era sembrato possibilista ad un intervento anche sulle pensioni già liquidate dall’Inps, sostenendo che i «veri diritti acquisiti sono solo quelli basati sui contributi». Una linea, quest’ultima, portata avanti con forza dal neo presidente dell’Istituto di previdenza Tito Boeri sin dall’inizio del suo mandato. Entro questo mese l’economista già animatore del sito Lavoce.info, presenterà una sua proposta sul tema. E quello che pensa è tutt’altro che un mistero.
I CALCOLI
Da quando è al vertice dell’Inps, un venerdì sì e uno no, posta sul sito dell’Istituto un dossier sulle storture del sistema retributivo, per mostrare ai contribuenti quanta parte delle pensioni attualmente pagate dall’Inps sono, per modo di dire, immeritate.
Un funzionario dell’Enel in pensione che prende 3.100 euro lordi (2.175 netti), dovrebbe scendere a 2.200 euro lordi (1.600 netti), quasi 800 euro in meno. Un ferroviere che si è ritirato con una pensione di 3.240 euro lordi (2.250 netti) dovrebbe passare a 2.657 lordi (1.900 netti), 350 euro in meno al mese. Queste sarebbero le pensioni «giuste» secondo Boeri, basate non sulle retribuzioni ma solo sui contributi versati negli anni, come oggi accade per le nuove generazioni. Per lungo tempo lo staff di economisti de Lavoce.info, sotto la guida di Boeri, si è esercitato su un modo per riuscire a recuperare risorse per il bilancio pubblico intervenendo su questo fronte. La proposta forse più avanzata, l’avevano messa a punto tre economisti, Filippo Teoldi, Fabrizio Patriarca e Stefano Patriarca. Quest’ultimo è lo stesso che ha prodotto per il governo il meccanismo di pagamento in busta paga del Tfr, una delle misure adottate lo scorso anno da Renzi per rilanciare i consumi interni.
Secondo lo studio dei tre economisti, concentrandosi solo sulle pensioni superiori a 2 mila euro lordi al mese e introducendo un «contributo di solidarietà» del 20% sulla differenza tra la pensione retributiva e quella contributiva, l’Inps si troverebbe nelle sue casse immediatamente 3 miliardi di euro. Se si usassero aliquote progressive, arrivando fino al 50% per le pensioni superiori a 5 mila euro, i miliardi a disposizione diventerebbero 4,2. Tradotto in soldoni significa che il sottufficiale dell’esempio di Boeri che ha una pensione superiore di mille euro al mese ai contributi versati, dovrebbe rinunciare a 200 euro. La proposta, tecnicamente, non fa una grinza. Politicamente rischia di essere una bomba, perché verrebbe tradotta in un semplice slogan: taglio delle pensioni.
LA STRATEGIA
Ma allora quella di Padoan è una voce dal sen fuggita? No, secondo quanto riferito a