Lavoro, da Ducati a Telecom, dove il tabù orario non esiste

Lavoro, da Ducati a Telecom, dove il tabù orario non esiste
di Michele Di Branco
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Lunedì 30 Novembre 2015, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 1 Dicembre, 11:08

Non solo Ducati. Il caso indicato dal ministro del Lavoro Poletti («Una azienda dove l’operaio lavora in uno spazio e con dei tempi che non sono dettati da una macchina per cui ogni 30 secondi deve mettere un pezzo, ma si organizza e si gestisce da solo») come esempio in cui il “fattore ora”, in senso rigido, è stato superato per stabilire la misura di quantificazione del salario non è affatto isolato.
Meglio puntare, a ribadito ieri il ministro, sui risultati, sulla produttività e gli obiettivi da raggiungere invece che sulle rigidità legate all’orario. A decine di migliaia, in tutta Italia, si contano imprese nelle quali il contratti di lavoro è stato modificato da elementi integrativi carichi di innovazioni. E’ l’era del dipendente «smart worker»: un lavoratore che esegue la prestazione fuori dai locali aziendali, anche per un solo giorno a settimana o per sempre, utilizzando strumenti tecnologici per lavorare da accesso remoto (pc, smartphone o tablet) senza postazione fissa in ufficio. E senza vincoli specifici, ma solo per obiettivi aziendali, condivisi e accettati.
LA PLATEA
Nelle telecomunicazioni lo stanno sperimentando Wind, Vodafone (3 mila lavoratori possono starsene a casa 2 giorni al mese a patto di garantire la produttività) e Telecom. E nel mondo bancario si registrano molti casi in Bnl, Unicredit, American Express e in diversi istituti del nord del Paese. Esempio tipico di flessibilità oraria è quello delle cosiddette isole del tempo.

«Una impresa meccanica che invece di avere una linea di montaggio storica ha le isole e ogni lavoratore ha un kit con dentro tutti i pezzi che servono a fare una parte del suo lavoro» ha sintetizzato Poletti due giorni da citando proprio la Ducati. Ma in molte cooperative della grande distribuzione alimentare, dove lavorano soprattutto donne con figli, la gestione flessibile del tempo è importantissima. Così, con l’obiettivo di permettere ai dipendenti adibiti alla casse di lavorare quando preferiscono, mantenendo inalterata l’efficienza e la produttività del servizio, è stata adottata una forma di autogestione dei turni di lavoro. Il lavoro è organizzato su 3 isole di 25 persone e prevede una figura di coordinamento.

PROGRAMMARE
La programmazione delle attività avviene su 3 settimane di lavoro, adottando un orario frazionato su un arco di sei mesi. Ognuno può aumentare o diminuire l’orario settimanale di 8 ore ma con alcune limitazioni: l’orario giornaliero, infatti, deve prevedere un minimo di 3 ore ed un massimo di 9 ed è previsto l’obbligo di almeno 3 attività di chiusura alla settimana.
In una azienda tessile del Nord-est l’organizzazione dell’orario di lavoro è costruita intorno ai passaggi degli autobus. Inoltre, il 30% del personale in azienda lavora con orari personalizzati, collegati agli orari dei nidi, delle scuole materne oppure agli orari di lavoro dei mariti con i quali di solito si crea una alternanza nella cura dei figli o dei parenti anziani.
Per assecondare queste forme di flessibilità, il governo ha presentato un Ddl collegato alla Legge di Stabilità 2016. Il provvedimento contiene nove articoli che fissano retribuzione, mansioni, controlli, privacy, sicurezza e infortuni sul lavoro dello smart worker. Il testo indica i meccanismi di base e lascia poi spazio alla contrattazione di secondo livello per ulteriori accordi.

I DETTAGLI
Un passaggio molto importante è che la retribuzione del lavoratore fuori orario non può essere inferiore a quella dei colleghi che lavorano in ufficio e l’Inail copre gli infortuni sul lavoro, sia fuori dall’ufficio sia sull’eventuale percorso casa-lavoro. Per i contratti di smart working si possono applicare gli incentivi fiscali destinati alla contrattazione di secondo livello: su 430 milioni di euro nel 2016, in base a quanto previsto dal Jobs Act, il 10 per cento potrà andare alle nuove misure di flessibilità sul lavoro.
Peraltro i ricercatori del Politecnico di Milano stimano che la diffusione di modelli di smart working (l’8% delle aziende ci sta provando ) dovrebbe permettere un aumento medio della produttività del 5,5 per cento delle imprese che equivale un risparmio complessivo per il sistema italiano di 27 miliardi di euro.

Altri 10 miliardi di euro di risparmi diretti potrebbero poi arrivare da una riorganizzazione degli spazi di lavoro, da procedure di maggiore flessibilità di orario e di luogo di lavoro.

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