Tutelare l'e-commerce per far crescere il Pil

di Giovanni Pitruzzella*
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Domenica 28 Settembre 2014, 23:56 - Ultimo aggiornamento: 29 Settembre, 00:53


Europa non è solamente quella del Fiscal Compact e delle politiche di austerity, perché c’è anche l’Europa dei diritti. In un periodo in cui la crisi ha prodotto una perdita netta di consenso nei confronti delle Istituzioni europee ed ha messo a repentaglio la coesione sociale, la ricostruzione costituzionale dell’Europa deve passare, in misura consistente, per una rinvigorita politica dei diritti. In questa prospettiva, da una parte andrà valorizzata la Carta dei diritti europei approvata a Nizza e andranno studiate forme di solidarietà condivise per i disoccupati europei.



Dall’altra dovrà essere approfondita la tutela dei diritti dei consumatori. Si deve al diritto europeo l’introduzione di forme incisive di tutela dei consumatori che, in Italia, si sono tradotte nel Codice del consumo, che ha permesso all'Antitrust di colpire le “pratiche commerciali scorrette” e la “pubblicità ingannevole” con sanzioni pecuniarie che possono arrivare, per ciascun illecito, anche a cinque milioni di euro. Porre l’accento sulla tutela dei consumatori è ancora più importante in un periodo in cui la lunga crisi ha posto al primo posto dell’agenda politica il lavoro e la crescita economica, indispensabile per creare occupazione. Esiste un circolo virtuoso tra diritti dei consumatori e crescita economica. Un consumatore consapevole dei suoi diritti e dotato di una tutela effettiva favorisce la creazione nel mercato di una condizione di fiducia, la cui assenza è fin qui stata uno dei principali ostacoli alla ripresa di un sentiero di crescita ed uno degli elementi che hanno innescato la pericolosa deflazione che minaccia l’economia europea.



La tutela dei consumatori favorisce, altresì, la creazione di un level playing field tra le imprese, premiando la concorrenza basata sul merito, e quindi sulla capacità di innovare e ampliare la gamma di scelte del consumatore, e non sull’inganno. Sotto questo particolare profilo la politica di tutela dei consumatori può - naturalmente insieme a tanti altri elementi e alle riforme strutturali - aiutare le nostre economie a ritornare a crescere.

Questa correlazione tra tutela del consumatore e crescita economica - che purtroppo nel dibattito pubblico spesso non viene riconosciuta - è particolarmente evidente in un settore che ha un ruolo cruciale per riprendere il sentiero della crescita: l’e-commerce. Esso si inserisce nel quadro dell’economia digitale, il cui sviluppo, secondo i più autorevoli osservatori (dalla Commissione europea all’Ocse) potrebbe dare un forte contributo alla crescita del Pil e alla creazione di posti di lavoro. L’economia di Internet nei Paesi del G8, nella Corea del Sud e in Svezia ha contribuito per il 21% alla crescita del Pil negli ultimi cinque anni. Secondo la Commissione europea, l’economia di Internet crea 2,6 posti di lavoro per ogni posto che, anche a causa del suo sviluppo, viene a mancare.



In questo quadro, dallo sviluppo del commercio elettronico possono attendersi risultati importanti. Innanzitutto, perché aumenta il benessere del consumatore. Secondo stime della Commissione europea, se l’e-commerce dovesse crescere fino a rappresentare il 15% dell’intero commercio al dettaglio e le barriere alla creazione di un vero mercato unico europeo venissero eliminate, i guadagni in termini di risparmio per i consumatori sarebbero pari a più di 200 miliardi di euro, ossia un ammontare pari a circa l’1,7% del prodotto interno lordo dell’Ue. Al beneficio in termini di riduzione dei prezzi pagati dai consumatori si aggiungerebbero quelli in termini di ampliamento delle possibilità di scelta. Vi sarebbe altresì un impulso alla crescita, perché l’e-commerce stimola nuovi modelli di business e perché permette alle imprese, anche a quelle medie e piccole, di superare l’angustia dei confini geografici di un determinato territorio, aprendo loro le porte di un vasto mercato europeo.



Su questa strada, però, esistono degli ostacoli che dovranno essere abbattuti rapidamente. Da una parte l’Europa di Internet rimane un mosaico di leggi, regole, pratiche nazionali differenti e per nulla “interoperabili”. Dall’altra, c’è una remora da parte dei consumatori - specie di quelli italiani dove più bassa rispetto ad altri Paesi europei è la penetrazione dell’e-commerce - ad affidarsi ad Internet per gli acquisti in quanto c’è incertezza sui propri diritti e, di conseguenza, c’è la paura di essere esposti, senza tutela, a inganni e comportamenti scorretti. Lo sviluppo dell’e-commerce presuppone, invece, certezza dei diritti del consumatore, delle regole che presiedono alle transazioni in ambiente digitale, fiducia nell’uso di Internet.

Su questo terreno, l’Europa ha fatto un passo avanti significativo con la direttiva Consumer rights, recepita dal legislatore italiano, ed entrata in vigore lo scorso 14 giugno. Essa attribuisce diritti chiari ai consumatori che stipulano contratti a distanza (tramite Internet o per telefono) e dà all’Antitrust il potere di irrogare pesanti sanzioni pecuniarie a chi viola tali regole. In virtù di queste norme, per esempio, non ci possono più essere costi nascosti e “trappole” su Internet, per cui giochi elettronici, suonerie, ricette, oroscopi, ecc. non possono più essere pubblicizzati come “gratis” salvo poi nascondere costosi abbonamenti mensili o settimanali. I contratti telefonici sono validi solo dopo la firma. I prezzi devono essere trasparenti e comprensivi di tutte le voci. Il consumatore ha a disposizione 14 giorni di tempo per ripensarci e recedere dal contratto. Ma, per funzionare, questo sistema ha bisogno che i consumatori siano informati e consapevoli dei loro diritti.



* Presidente Autorità Antitrust