Di quanto possa essere limitato questo mercato ne ha dato un'idea la Cina, che il 4 settembre ha dichiarato illegale l'offerta iniziale di bitcoin per raccogliere fondi e ha ordinato di fermare tutte le attività di raccolta.
Sul suo sito la Banca Popolare Cinese spiegava di aver completato la sua indagine nelle offerte iniziali di bitcoin e che «punirà offerte future». Quindi tutti coloro che hanno raccolto fondi attraverso l'offerta di bitcoin «dovranno rimborsare» gli investitori. La Banca Centrale aggiungeva che le piattaforme di trading non possono convertire i bitcoin in valuta ufficiale. Subito dopo la decisione di Pechino il valore del bitcoin è crollato del 7,2%.
Ieri la stroncatura di Dimon e oggi quella di Mohammed El-Erian, capo economista di Allianz, secondo il quale il bitcoin «dovrebbe valere la metà». La valutazione attuale sarebbe giustificata soltanto da un'adozione di massa della moneta, «che non accadrà».
Dalla valutazione record del 2 settembre ad oggi, Bitcoin ha complessivamente bruciato capitalizzazione di mercato per 15,5 miliardi. Gli investitori sono preoccupati dalle prossime mosse di Pechino. Ieri, infatti il Wall Street Journal, ha rivelato che le autorità di regolamentazione cinesi sarebbero pronte a chiudere alcuni exchange, la piattaforme digitali su cui sono scambiati bitcoin.
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