La sfida della manifattura appesa alla fiducia

La sfida della manifattura appesa alla fiducia
di L. Mar.
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Giovedì 22 Dicembre 2016, 16:00
Per l'industria manifatturiera il 2016 è stato un anno tutto sommato non lineare, anzi più complesso di quanto si potesse prevedere. E' uno degli aspetti che emergono dallo studio di Intesa Sanpaolo e Prometeia dal titolo «Rapporto analisi dei settori industriali», secondo il quale la crescita del fatturato dell'industria manifatturiera italiana quest'anno si fermerà all'1,2% (a prezzi costanti), inferiore di circa 7 miliardi di euro rispetto a quanto previsto a maggio. La minore espansione, spiega lo studio, è frutto del clima di incertezza che ha condizionato la domanda interna a partire dai mesi primaverili, ma soprattutto della perdurante debolezza della domanda estera, in particolare quella proveniente dai paesi emergenti.

IL TREND REGGE
In questo quadro, però, le imprese italiane sono riuscite comunque a cogliere le opportunità presenti in uno scenario internazionale poco favorevole, con performance migliori rispetto a quelle dei principali concorrenti europei. Basti pensare che nei primi sei mesi dell'anno la quota italiana sul commercio mondiale ha evidenziato una crescita, confermando la tendenza delle nostre esportazioni a reggere meglio le fasi di rallentamento della domanda mondiale e, parallelamente, a mostrare maggiori difficoltà nell'agganciare le fasi di accelerazione. Nel prossimo biennio, in un quadro in miglioramento sui mercati esteri, sarà soprattutto la domanda interna a sostenere una modesta accelerazione della crescita del manifatturiero, stimata all'1,5% medio annuo (a prezzi costanti).
Come già accaduto nel 2016, anche in prospettiva si confermerà una elevata elasticità delle importazioni alla dinamica del mercato nazionale. In particolare, il saldo con l'estero rimarrà stabile su livelli elevati, intorno agli 80 miliardi.

I SINGOLI SETTORI
Alla fine del 2016, secondo i calcoli di Intesa Sanpaolo e Prometeia, il settore delle automobili dovrebbe mantenere una dinamica nettamente migliore della media, grazie al boom della domanda interna (sia per investimenti sia per consumi), che riesce a controbilanciare il contributo negativo del canale estero (con il saldo commerciale del settore tornato negativo, per 3,5 miliardi, dopo quattro anni di surplus indotto dal crollo della domanda nazionale).
Bene anche il comparto del largo consumo (cosmesi e detergenza casa e persona) e gli altri intermedi (carta, gomma, plastica, legno), che evidenziano ottimi risultati all'export, grazie al contributo dei siti produttivi di imprese multinazionali e di un ricco tessuto di piccole e medie imprese, che spesso si trovano in posizione di leader di nicchia.

I settori della meccanica e della moda, invece, non riusciranno a crescere nel 2016, penalizzate dalla crisi di molti mercati emergenti e da un andamento meno positivo del previsto della domanda statunitense.
Nel 2016 chiuderanno in negativo, oltre al comparto della moda, anche gli elettrodomestici, settore in cui sono evidenti le difficoltà competitive del tessuto produttivo italiano, gli intermedi chimici e i prodotti in metallo, condizionati dalla perdurante debolezza delle costruzioni e da performance deludenti sui mercati internazionali.
Nel biennio dal 2017 al 2018, la graduatoria settoriale continuerà a essere guidata dall'auto e dal largo consumo, ma contributi importanti sono attesi anche dai comparti farmaceutica, metallurgia (se saranno definitivamente superate le difficoltà del comparto siderurgico) e filiera elettromeccanica, soprattutto grazie all'elettrotecnica.

LA REDDITIVITA'
In alcuni casi, questi comparti sono favoriti da ragioni specifiche, come per esempio l'elettronica, che dovrebbe beneficiare della ripresa degli investimenti legati alla digitalizzazione prevista dal piano Industria 4.0. Il settore automobilistico dovrebbe invece essere favorito dal ricambio in corso del parco auto abbinato a una politica di prezzi concorrenziale. Il continuo, anche se lieve, recupero dei volumi produttivi consentirà nuovi miglioramenti della redditività industriale, dopo quelli conseguiti nel 2015 dalla maggior parte dei settori (in particolare farmaceutica, mobili, elettrodomestici e auto) e da tutte le classi dimensionali: nel 2018 il Roi (Return on investment, l'indice di redditività del capitale investito) medio del manifatturiero tornerà sopra il 6%, valore non distante da quello precedente la crisi.

Gli economisti di Intesa e Prometeia si aspettano, in prospettiva, un recupero soprattutto in quei settori (mobili, metallurgia e prodotti per le costruzioni) dove, nonostante i risultati positivi del 2015, i livelli medi della redditività rimangono molto bassi, facendo prevedere ulteriori uscite dal mercato. La lettura dei bilanci 2015 evidenzia, inoltre, come i miglioramenti nella redditività si siano finora affiancati al riavvio degli investimenti solo in pochi settori (automotive, elettronica, elettrotecnica). Nei prossimi anni, in uno scenario fortemente competitivo, gli esperti si attendono una più diffusa e graduale ripresa degli investimenti, anche grazie a un contesto fiscale e creditizio più favorevole e alle nuove energie immesse dalle imprese giovanili.

CURIOSITÀ DEMOGRAFICA
Infine, una curiosità demografica da cui forse un paese con una disoccupazione giovanile a doppia cifra non dovrebbe prescindere: l'analisi di un campione di imprese manifatturiere mostra come le imprese condotte da persone sotto i 40 anni abbiano registrato un maggiore dinamismo sul piano della crescita del fatturato. E ciò vale soprattutto per le imprese più piccole, uno dei segmenti più in difficoltà del manifatturiero italiano anche a causa delle difficoltà che incontrano queste giovani realtà a trovare credito presso il sistema bancario nazionale, a sua volta alle prese con una situazione particolarmente delicata.

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