Lavoro, Generazione X e Millennial a confronto: le giovani più scontente delle mamme

Lavoro, Generazione X e Millennial a confronto: le giovani più scontente delle mamme
di Maria Lombardi
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Sabato 19 Marzo 2022, 18:00 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 13:50

Madri&figlie, generazioni a confronto. Soddisfatte del lavoro? Mica tanto. Soprattutto le giovani: scalpitano, si guardano intorno, pronte a cambiare appena intravedono uno spiraglio, il loro livello di insoddisfazione è più alto rispetto a quello delle colleghe anziane. Non è che le lavoratrici adulte siano appagate, tutt'altro, cercano anche loro di farsi largo, sperano in promozioni e vorrebbero accrescere le competenze. E i guadagni? Le figlie li considerano più importanti delle madri. Ma su una cosa sono d'accordo, Generazione X e Millennial: la parità dei salari e la trasparenza in busta paga è tra le priorità.
Eccole le Modern working woman, più o meno giovani, appagate o scontente, per niente rassegnate e con la voglia comunque di crescere e contare. A farne un ritratto è la ricerca condotta da Kearney, società di consulenza strategica. Ebbene, tra le Millennial (nate tra il 1981 e il 1996) solo il 9% dice di essere soddisfatta del lavoro e della posizione che ricopre. Va molto meglio alle più grandi, la percentuale di quante sono contente di quel che fanno sale al 22%, secondo l'indagine che ha coinvolto oltre 200 lavoratrici di grandi, medie e piccole strutture.
Le donne della Gen X (nate tra 1965 e il 1980) non si accontentano comunque di quel che hanno raggiunto: si aspettano una crescita all'interno della propria azienda (20%), cercano nuove possibilità di carriera anche fuori dal proprio settore (23%). Puntano di più sulle promozioni, le Millennial (34%), guardano altrove (27%) per ottenere nuovi traguardi e ci tengono a migliorare i guadagni: il riconoscimento economico per loro è più importante di quanto non lo sia per le lavoratrici della Gen X (17% contro 12).
LE COMPETENZE
Le adulte hanno ancora voglia di imparare e migliorare le loro competenze (14%), in particolare nel digitale. Un po' tutte, a prescindere dall'età, mettono la formazione al primo posto (23%), sono aperte al cambiamento, chiedono più flessibilità e chiarezza nei guadagni. «Più della metà delle donne intervistate - spiega Marina Catino, partner di Kearney Italia - ambisce nei prossimi anni a una posizione di leadership o è determinata a cambiare tipo di lavoro o settore. Tra le ambizioni che le donne hanno menzionato, solo il 4% ha indicato il part-time».
Ma come la mettiamo con l'insoddisfazione delle giovani? Non deve allarmarci il loro scontento livello? «Il dato che più colpisce della ricerca e su cui credo che tutti noi dobbiamo sentirci chiamati in causa è quello che riguarda le generazioni più giovani e soprattutto la loro mancanza di fiducia», l'onorevole Chiara Gribaudo (Pd) è la prima firmataria della legge sulla parità salariale, appena entrata in vigore. «Non possiamo permetterci di perdere le più giovani e le donne, che sono tra l'altro le categorie più colpite dalla pandemia soprattutto sul fronte del lavoro. Questo non solo per una questione sociale ma anche economica». Ci sono anche dati incoraggianti, da sottolineare, come la voglia di flessibilità e di crescita espressa dalle lavoratrici. «È interessante vedere come nonostante le fatiche delle donne ci sia questa voglia di cambiare e di migliorare rispetto alla propria posizione. La maternità, purtroppo, rimane uno dei gap più importanti nell'avanzamento di carriera».
L'ALLARME
Insoddisfatte, desiderose di cambiare, alla ricerca di nuovi equilibri: la voce delle più giovani va ascoltata. «Non dobbiamo sottovalutare la tendenza della cosiddetta Yolo Economy (You Only Live Once, si vive una volta sola, ndr)», sostiene Azzurra Rinaldi, docente di Economia Politica a Unitelma Sapienza e direttrice della School of Gender Economics. «È un segnale che i giovani ci stanno dando e che noi abbiamo il dovere di comprendere e di accogliere. Non a caso nel rapporto emerge come le donne siano più favorevoli e aperte al cambiamento e anche protagoniste della Great Resignation, cioè del fatto che moltissimi giovani decidono di lasciare il proprio posto di lavoro». Qualche dato: le dimissioni volontarie dei giovani in Italia hanno riguardato lo scorso anno il 60% delle aziende, per il 70% hanno tra i 25 e 36 anni. «Stiamo rischiando di perdere dei talenti», avverte l'economista. Soprattutto quelli femminili. Non bisogna solo far entrare più donne nel mondo del lavoro, ma è necessario anche trattenerle e valorizzarle. «Questo chiedono le donne, come emerge dal rapporto con grande forza: di non essere penalizzate nei processi di crescita professionale».
 

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