La scienziata dei robot «Ho vinto la mia sfida, così riesco a curare i bambini affetti da autismo»

La scienziata dei robot «Ho vinto la mia sfida, così riesco a curare i bambini affetti da autismo»
di Franca Giansoldati
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Sabato 25 Novembre 2023, 11:31

Si chiama Agnieszka Wykowska ha un sorriso contagioso ed è tra le 50 donne selezionate da Women in Robotics da non perdere d'occhio. È stata inclusa tra le scienziate che hanno dato un impulso straordinario alla conoscenza legata al mondo della robotica applicata alla cura di una delle malattie che colpisce l'uno per cento dei bambini: lo spettro autistico. Agnieszka, docente di psicologia ingegneristica in Svezia e a Manchester, è la responsabile del team Social Cognition in Human-Robot Interaction dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova dove è operativo un robot alto 60 centimetri che interagisce già con una quarantina di piccoli pazienti.

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Nel suo lavoro lei connette i metodi delle neuroscienze all'interazione essere umanorobot individuando terapie per i bambini autistici. Come funzionano?
«Abbiamo appena pubblicato uno studio sulla rivista Autism Research in cui mettiamo in evidenza l'efficacia di un robot umanoide in un ambiente clinico. È la prima volta al mondo che viene dimostrato, utilizzando il robot iCub di IIT dentro un percorso di riabilitazione al Centro Boggiano Pico. L'unicità del nostro approccio riguarda l'uso di un protocollo di allenamento di meccanismi molto specifici del cervello, fondamentali per le interazioni sociali. Attraverso l'allenamento ripetitivo osserviamo l'effetto a catena sulle abilità socio-cognitive dei bambini».

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Per esempio insegnare la destra e la sinistra?
«Molto di più. Per una decina di minuti, alla presenza di un terapeuta, il bambino col robot viene impegnato in una sorta di gioco che serve ad allenare la prospettiva visuo-spaziale o l'attenzione congiunta. Vale a dire quel meccanismo che permette di capire la prospettiva di un'altra persona (ad esempio, capire che per una persona seduta di fronte a me, la sua destra è la mia sinistra). Per un bimbo autistico non è così semplice ed è fondamentale aiutarlo poiché gli consente un corretto comportamento nei contesti sociali».

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L'uso di questo robot ai bambini malati verrà esteso?
«Speriamo che la mappatura consenta ai bambini con diagnosi di autismo di migliorare le loro abilità sociali nella vita di tutti i giorni. Gli effetti a lungo termine devono ancora essere testati. Per ora, abbiamo appena fatto i primi passi ma siamo molto soddisfatti».

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Questi bimbi possono imparare ad avere più empatia?
«È l'ennesimo meccanismo di cognizione sociale che permette di comprendere i sentimenti degli altri. Noi speriamo che, in modo simile alla formazione della prospettiva visuo-spaziale o dell'attenzione congiunta che abbiamo già sviluppato negli attuali protocolli, potremo sviluppare presto anche percorsi per allenare l'empatia».


È per lei stato facile essere una scienziata nel suo mondo generalmente piuttosto maschile?
«Essere una professionista (nel mondo accademico o in altri settori) è sempre un po' una sfida a causa delle aspettative che la società ha nei confronti delle donne. Ho avuto la fortuna, nella mia carriera, di avere un eccellente sostegno prima dalla mia famiglia e poi dal mio ambiente sociale per poter perseguire il mio sogno. Volevo fare questo e alla fine ci sono riuscita».


Come è stata coinvolta nella ricerca sull'autismo?
«I miei campi di ricerca da sempre risiedono nell'area della cognizione sociale collegata all'interazione uomo-macchina. Desideravo che la mia ricerca aiutasse a fare la differenza per il benessere delle persone malate e ho iniziato a pensare a come applicare quello che sapevo. Ed è così che mi è venuta l'idea di usare robot di ultima generazione per allenare individui con diagnosi di autismo».


Perché c'è una tendenza naturale per i bambini autistici a interagire con i robot umanoidi?
«I robot umanoidi sono una versione "semplificata" e pertanto gli individui con autismo in genere riescono a sentirsi maggiormente incoraggiati ad interagire. Per loro è meno impegnativo. I robot avendo un comportamento ripetitivo e prevedibile posseggono un requisito importante. Chi soffre di autismo teme, infatti, la variabilità del comportamento umano».


Il robot sostituirà il terapeuta in futuro?
«Questo non è di certo il nostro obiettivo. Miriamo semmai a progettare robot che assistano i terapeuti: il contatto umano, infatti, resta essenziale».
Quando non è in laboratorio, come trascorre il suo tempo?
«In genere mi occupo di mio figlio che è grandicello e se posso vado al cinema a vedere qualche bel film. Non ho tanti hobby, forse solo lo sci».

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