L'inversione contabile in materia di iva

3 Minuti di Lettura
Venerdì 5 Giugno 2015, 13:51
L'iva è un'imposta comunitaria per cui ogni deroga che uno Stato intenda apportare alla disciplina applicativa del tributo deve passare per il vaglio della Commissione Europea che ne dà comunicazione al Consiglio.



E' un passaggio ineludibile avente lo scopo di assicurare il mantenimento dell'armonizzazione delle leggi di imposta esistenti negli Stati membri,come già ebbe a precisare il Consiglio Europeo con la I^ e la II^ direttiva datate 11 aprile 1967,costantemente confermate nel tempo e sempre prescrittive dell'obbligo di assicurare la riscossione equivalente dell'imposta in tutti gli Stati membri. Tale principio fu recepito dallo Stato italiano con la legge 9.10.1971 n.825 contenente delega al Governo per la riforma tributaria che entrò in vigore il 1.1.1973,epoca in cui fu introdotta l'iva.



Con la Legge di stabilità per l'anno 2015 il Governo italiano ha previsto la introduzione del meccanismo così detto della"inversione contabile" in relazione a tutte le forniture nei confronti della grande distribuzione.



Come è noto, la struttura del tributo iva individua il soggetto in capo al quale è posto l'obbligo di addebitare l'imposta al cessionario del bene e/o all'utilizzatore del servizio, di riscuoterla e di versarla nelle casse erariali.



In altri termini la sistematica della legge di imposta attribuisce al soggetto in questione lo status di esattore per conto dello Stato.



Ciò posto, è evidente che il trasferimento del debito di imposta in capo al destinatario della cessione del bene e/o della prestazione del servizio stravolge il dettato normativo. Il che non significa che una tale deroga sia aprioristicamente inammissibile, salvo che non sia sorretta da motivazioni pregnanti.



Con il trasferimento della responsabilità ad una parte della economia al dettaglio (grande distribuzione) lo Stato italiano prevede un incremento del gettito iva e motiva la richiesta di autorizzazione alla deroga sulla base di dati macroeconomici indicanti che il livello di evasione nel commercio al dettaglio sarebbe inferiore dell'11% circa rispetto all'insieme dell'economia (16.04% rispetto al 27.12%).



La Commissione europea non ha ritenuto suffraganti le motivazioni addotte, ravvisando invece che le stesse sono mancanti della prova che il meccanismo della "REVERSE CHARGE" contribuirebbe a combattere le sospettate frodi, peraltro neppure quantificate. Per ciò stesso la Commissione ha ritenuto di non poter consentire la deroga richiesta, rilevando che il meccanismo dell'inversione contabile, non solo si pone in netto contrasto con l'art.395 della direttiva 2006/112/CE del 28.11.2006, relativo al sistema comune dell'imposta sul valore aggiunto, ma esporrebbe pure al rischio concreto che le frodi possano spostarsi al settore del commercio al dettaglio, come estendersi anche ad altri Stati membri (il riferimento è alle operazioni intracomunitarie).



Da ultimo la Commissione non risparmia un garbato rimbrotto, avvertendo che non è con un malizioso escamotage che può coprirsi la inadeguatezza dei controlli sulle attività fiscali. Frattanto la misura varata con la legge di stabilità 2015,e quindi già operativa,è destinata a produrre un notevole buco nel bilancio pubblico che potrebbe costringere ad azionare le clausole di salvaguardia, prudentemente inserite nella medesima legge di stabilità. Tanto per dire che la risposta negativa pervenuta dalla Commissione europea era largamente prevedibile.



Serve ben altro per contrastare gli illeciti fiscali,serve in primis una incrollabile volontà politica, servono pedine eccellenti sullo scacchiere operativo,servono sostanziose risorse. Ogni altro rimedio equivale perdita di tempo e credibilità!



Pietro Paolo Boiano

vicesegretario Dirstat