Dirigenza pubblica e spending review

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Giovedì 26 Luglio 2012, 23:33 - Ultimo aggiornamento: 23:36
L’operazione di spending rewiew necessaria ed urgente e procrastinarla ancora, o peggio farla male, sarebbe deleterio per il Paese. Se ne parlato per decenni, ma sempre secondo il tipico (mal) costume nostrano, ed ora che siamo con l’acqua alla gola bisogna agire in fretta, rischiando purtroppo errori che potrebbero rivelarsi peggiori del male da curare.



La P.A. costa allo Stato,e quindi alla collettività, cifre da capogiro ormai non più sostenibili, e fa bene quindi il Governo a dare assoluta priorità ad una profonda azione di risanamento. E’ chiaro però che il contenimento della spesa pubblica passa attraverso la eliminazione degli sprechi e con tagli chirurgici del superfluo, ma soprattutto serve una lotta senza quartiere alla corruzione. Non è più tempo di timidi aggiustamenti che possono risultare addirittura peggiorativi come si preannunciano affrettate soppressioni di strutture amministrative non precedute da accurate analisi delle disfunzioni che già ora ne minano il corretto funzionamento. E’ tale il caso della soppressione dell’Agenzia del Territorio che dovrebbe confluire nell’Agenzia delle Entrate, senza dire della fusione dei Monopoli di Stato con l’Agenzia delle Dogane, l’una non foriera di vantaggi significativi, l’altra sicuramente ad alto rischio.



Entrate e Territorio sono le strutture nelle cui mani è il contrasto all’evasione fiscale che sarà decisivo soltanto se sostenuto a pieno regime di funzionalità. Pensare di accorpare d’emblèe le due Agenzie appare perciò una operazione affrettata e rischiosa, anche perché si tratterebbe di mettere insieme culture diverse,così rischiando un ibrido connubio, peraltro già manifestatosi con la confluenza della pubblicità immobiliare nei servizi catastali. L’ interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio è perciò un invito che gli Interroganti rivolgono al Premier perché proceda ai dovuti approfondimenti per verificare quanto convenga creare una struttura elefantiaca,con il rischio di inevitabili conflittualità interne, se poi ci si dovesse accorgere che i risparmi ottenuti non valgono i guasti che ne sono conseguiti. Si tratta cioè di valutare se il gioco vale la candela.



Non va bene allora andare di fretta ed evidentemente lo ha capito lo stesso ministro della F.P. che proprio in queste ore ha affermato che sarebbero inefficaci interventi nella P.A. che prescindessero dall’analisi profonda delle piante organiche. E qui ridonda lo scottante argomento della dirigenza pubblica ove dilagano incarichi non sempre, per non dire mai, in consonanza con le norme che regolano tale importante istituto. Sta di fatto però che è proprio nel comparto della dirigenza che possono ottenersi sostanziosi risparmi e vi si può provvedere da subito sol che si applichi il dpr 266/1987- art.20, più volte evocato dalla giurisprudenza di merito, ove è previsto l’affidamento in reggenza delle sedi dirigenziali vacanti senza corresponsione delle relative indennità ed in base alle posizioni in graduatoria dei prescelti. La DIRSTAT da anni persegue tale soluzione, e continuerà a farlo, auspicando che possano essere sopite malcelate ed interessate resistenze.



E’ questo un aspetto che il premier ed il ministro della F.P., ma anche il Governo nella sua sua collegialità, non possono continuare ad ignorare, pur se a dispetto di inevitabili mal di pancia politico-amministrativi. Percorrere invece comode scorciatoie, sarebbe il segno tangibile di non voler rompere con il passato, con l’unico risultato da attendersi, quello del classico buco nell’acqua.



Il Governo non sembra però preoccuparsene più di tanto,anzi rivendica la meticolosa oculatezza degli interventi in itinere come degni di una operazione di alta chirurgia. Peccato che in sala operatoria non serva la scure,attrezzo che il chirurgo usa magari nel suo tempo libero se ama la vita campestre, come faceva Cincinnato, il mitico eroe romano che usava con pari perizia la vanga e la spada.



Fuor di perifrasi giova fare il punto della situazione,non sulla manovra di revisione della

spesa pubblica nel suo complesso, ma solo sulla parte che riguarda il personale direttivo dell’A.F. che per sua sfortuna trova sulla sua strada la scure e non il bisturi d’oro. Vediamo perché. La legge 145 del 15.7.2002(Legge Frattini), di riforma della dirigenza pubblica,aggiunse al dlgs. 30.3.2001 n.165 l’art.17/bis, così introducendo nell’ordinamento amministrativo l’area della vice dirigenza. La novella legislativa apparve norma premiale nei confronti di quei funzionari direttivi che spendono esperienza e professionalità al servizio dello Stato. E’ trascorso un decennio e quella norma è rimasta lettera morta, anzi è stata completamente ignorata,perché al rango dirigenziale è pervenuto personale designato con criteri di mera discrezionalità e quindi le relative nomine sono poi risultate addirittura in violazione del

quadro normativo di riferimento, tant’è che il giudice amministrativo ne ha dichiarato la nullità ( TAR/Lazio e giudizio ancora pendente dinanzi al Consiglio di Stato). Legittimo e comprensibile il persistente stato di agitazione del Personale interessato che sa di dovere fare i conti con il ferreo argine di una volontà politico-amministrativa che evidentemente vuole continuare ad avere il gioco in mano e distribuire le”carte” a suo piacimento.



Per evitare ulteriori complicazioni serviva una norma di chiusura,non nel senso giuridico del termine, ma nella accezione lessicale del verbo chiudere, che sta per “chiudere la bocca a tutti”. Se ne è incaricato il Governo che ha assestato il primo colpo con il D.L. n.87 del 27.6.2012-art.4 n.2-lettera a) che dichiara non applicabile al Personale delle Agenzie Fiscali il disposto dell’art.17/bis del dlgs. 165/2001 e poi con il D.L. 6.7.2012 n.95-art.5 n.13 che cancella definitivamente, e per tutti, la vice dirigenza, forse per non commettere una grave iniquità soltanto contro il Personale dell’A.F. Non è dato sapere come finirà l’iter parlamentare per la conversione dei dd.ll. 87 e 95/2012. Dovessero non esserci ripensamenti o correzioni, la previsione del tempo che verrà annuncia forti e prolungate intemperie, perché la manovra che si intende varare, se è vero che produrrà risparmi, ma è da dimostrare, non può tuttavia stroncare legittime aspettative. Non è poi azzardato prevedere che la fusione dell’Agenzia del

Territorio con la consorella delle Entrate si preannuncia come una grande ammucchiata, sia

pure solo sulla carta, già che, almeno nell’immediato, appare improbabile allogare sotto lo stesso tetto i servizi ipo-catastali e le attività svolte dalle Agenzie periferiche delle Entrate in materia di imposizione diretta ed indiretta, sia perché servono strutture immobiliari di ampie superfici, più ancora per la difficile convivenza che verrebbe a crearsi, oltre che per diversità culturale, anche per ataviche contrapposizioni.



In definitiva un duro colpo di maglio che fa male a quanti lo subiscono, ma non si può dire che faccia bene allo Stato che va a colpire nientemeno che le sue prime linee, quelle incaricate di combattere l’evasione fiscale. Un madornale sproposito che pone il cocente interrogativo del “cui prodest” che forse rimarrà senza risposta, perché chi dovrebbe darla non sarà in grado di farlo e potrà soltanto fare ammenda di avere praticato il classico rimedio peggiore del male.



Il Governo deve andare avanti sul terreno del risparmio del danaro pubblico, non può fare diversamente, perché non è più tempo di continuare a scialacquare, ma non perda l’attenzione e usi la massima prudenza. E’ il saggio consiglio che il Cancelliere Ferrer dava al suo cocchiere che guidava la carrozza tra la folla in tumulto.



Dr. Pietro Paolo Boiano
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